“Il Comitato Oms ha raccomandato la fine dello stato di emergenza ed io ho accettato l’indicazione”, con questo annuncio Tedros Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità, il 5 maggio ha chiuso ufficialmente l’emergenza Covid, pur invitando a non abbassare la guardia e dopo 1221 giorni da quel 30 gennaio 2020, data di inizio del peggiore incubo globale dell’epoca contemporanea. La notizia non è passata inosservata ma, a dire il vero, non ha avuto, almeno in Italia, l’eclatante risalto mediatico che meriterebbe un annuncio che chiude un’epoca. Eppure, nei momenti più sconfortanti della pandemia, quante volte abbiamo pensato che questo momento non sarebbe più arrivato o che ci sarebbero voluti anni e anni per vedere la fine del tunnel. È stato lo stesso numero uno dell’Oms a riassumere cosa è successo in questi tre anni: “all’inizio della pandemia, fuori dalla Cina c’erano circa 100 casi di Covid e non vi erano morti dichiarati. In tre anni il mondo si è capovolto: 7 milioni di morti sono stati riportati dall’Oms, ma la stima reale è pari almeno a 20 milioni di morti.
Il Covid è stato molto di più di una crisi sanitaria, ha causato sconvolgimenti economici, cancellando trilioni dal Pil e ha spinto milioni di persone nella povertà”. Per il nostro Paese le cifre parlano di quasi 26 milioni di casi, mentre si avvicina a 190mila quello dei decessi. In un rigo di cifre tutto quello che l’Italia, come il resto del Mondo, ha vissuto e mai avrebbe immaginato in quel dicembre 2019 quando le autorità cinesi davano notizia di un focolaio di polmonite di origini sconosciute a Wuhan. “Non arriverà mai qui, la Cina è lontana”, abbiamo pensato allora. Passa un mese, però, e anche in Italia è emergenza. Il 18 febbraio si ha notizia di quello che tutti temevano: a Codogno si registra il primo caso accertato di Covid 19. E poi il resto è nella nostra memoria: un insieme di attese, immagini, emozioni, sconforto e speranza. Le bare sui carri militari di Bergamo, gli infermieri in tenuta spaziale, il sacrificio dei sanitari eroi, le città vuote, i canti sui balconi, il ripetersi che “andrà tutto bene” e purtroppo la memoria di chi non è più tra noi. Il dolore non è quantificabile, così come non si possono quantificare le inquietudini che, da quei giorni, si sono sedimentate nella mente di tante persone. Ora tutto questo sembra distante anni luce, perché il sentimento della rimozione è elemento insito nell’animo umano, perché l’economia e tutto il resto devono ripartire ed è giusto che sia così.
Ci siamo, però, illusi che la pandemia ci avrebbe reso migliori e che tutto il pianeta sarebbe cambiato. Non è stato così. Appena l’emergenza Covid si è attenuata il mondo ha ripreso a correre, con le sue diseguaglianze e, soprattutto, con gli imperiosi venti di guerra che hanno travolto il cuore stesso dell’Europa. Se l’umanità non ha imparato la lezione, la speranza è che quanto accaduto dal punto di vista sanitario non si ripeta più.”Una delle maggiori tragedie è che il Covid non doveva andare in questo modo, ma a livello globale una mancanza di coordinamento, di equità e solidarietà ha significato che gli strumenti a disposizione non siano stati utilizzati efficacemente come avrebbero potuto e sono state perse vite che non dovevano essere perse”. Parole di speranza, in questo senso, le ha pronunciate la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen “Questa pandemia ha cambiato il volto dell’Ue, che è diventata una vera e propria Unione sanitaria europea. Ora siamo molto più preparati ad affrontare future crisi sanitarie, con nuovi strumenti per reagire rapidamente alle crisi sanitarie emergenti”.
La pandemia ci ha mostrato come un virus abbia saputo mettere in ginocchio un pianeta ipertecnologico, denudare le nostre fragilità e, maggiormente, abbia messo alla prova il nostro senso di umanità.
Ora, voltando definitivamente pagina, è necessario guardare al futuro, con fiducia e consapevolezza. Voltiamo pagina, guardiamo al futuro, senza però disperdere quello che questi tre anni e mezzo ci hanno insegnato e, soprattutto, senza dimenticare l’esempio di chi questa guerra invisibile l’ha combattuta, con sacrificio e amore verso gli altri, sacrificando la propria per salvare le vite degli altri.
Credits di copertina: Foto di fernando zhiminaicela da Pixabay