Cultura

Sanremo: pochi brividi nel festival al cloroformio

di Pippo Gallelli

Se volete delle emozioni forti, seguite le news su Trump, non certo Sanremo. O, in alternativa, seguite la prossima edizione dello Zecchino d’Oro: sarà sicuramente più vivace e spontanea di questo festival.

Quest’anno, officiante perfetto del nulla compresso, Carlo Conti guida il rito con la sorveglianza di chi sa che, dalle parti di TeleMeloni, di casini ne hanno già abbastanza per lasciar divampare qualche incendio in Riviera. Ed ecco dunque una kermesse cloroformizzata, dove tutto è attutito e niente fa male.

Sanremo è Sanremo, la grande chiesa laica della canzone italiana che apre le sue porte, accende i suoi ceri e trasforma anche i peccatori più impenitenti in anime in lacrime. Vedi Fedez.

Addio a ogni possibile attentato alla quiete dei manovratori: basta monologhi impegnati che, pur nella loro retorica, osavano mettere sul tavolo temi civili. Francamente ipocrita e fuori contesto il duetto tra Noa e Mira Awad. Parliamo di pace, ma senza edulcorare, e ascoltando le giuste voci e le giuste testimonianze.

Anche l’eros sanremese si è fatto istituzionale, perché ormai non c’è più molto da mostrare, se non qualche esame radiologico. Il massimo dello scandalo? Un apprezzamento dialettale con la giusta ironia: “Si na preta”, rivolto a Rose Villain, in odor di epica.

Anche i tatuaggi di Tony F. sono spariti, ma il vero problema non è quello, caro Tony: fa’ sparire i tuoi testi e l’autotune, se vuoi davvero redimerti.

Unica nota di merito: quando il gioco si fa duro, i cantautori cominciano a giocare.
E allora spazio a Cristicchi, che sfiora la retorica ma emoziona. Ci illanguidisce Brunori, orgoglio calabrese da votare in blocco, con un brano in linea con i suoi meravigliosi standard. Ma la rivelazione è un folletto talentuoso di nome Lucio Corsi, miscela compressa di Bowie, Zero, Ivan Graziani e Rino Gaetano: il futuro, forse, è suo.

E, intanto, a metà del guado, non intravediamo grandi brividi all’orizzonte, sperando almeno che nella serata delle cover non si faccia scempio di classici e che qualcuno ci salvi dal “Grande sonno” e da questo festival che sa di cellophane e cloroformio.