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Trump dissotterra l’ascia di guerra: l’illusione della pace si infrange subito

di Pippo Gallelli

Chi immaginava che il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca sarebbe stato sinonimo di una politica più cauta e pacifica, deve rivedere le proprie aspettative. L’ex presidente, ora presidente eletto, ha dissipato ogni illusione di pacifismo, sfoderando una retorica bellica e incendiaria. Durante una conferenza stampa a Mar-a-Lago, Trump ha tracciato una linea chiara: gli Stati Uniti sono pronti a far valere la propria forza su più fronti, con obiettivi che spaziano dal Medio Oriente alla Groenlandia, passando per il Canale di Panama.

Tra minacce di dazi contro il Canada, dichiarazioni ambigue sull’uso della forza militare per annessioni strategiche e provocazioni geopolitiche di portata globale, emerge un quadro che, nel giro di poche ore, ha già alimentato tensioni su più fronti.

Panama e Groenlandia: due simboli, una visione egemonica

Il Canale di Panama, costruito dagli Stati Uniti e ceduto al governo panamense nel 1999, rappresenta un’arteria strategica per il commercio globale. Trump ha accusato la Cina di aver “abusato” del controllo economico sul canale, alimentando così tensioni già incandescenti con Pechino. Il ministro degli Esteri panamense, Javier Martinez-Acha, ha prontamente risposto, affermando che la sovranità del Canale “non è negoziabile”.

Parallelamente, la Groenlandia è tornata al centro dell’agenda geopolitica del tycoon. L’isola, territorio autonomo della Danimarca, è strategica per la sicurezza nell’Artico e ricca di risorse naturali. Non è la prima volta che Trump guarda alla Groenlandia con interesse, ma questa volta le sue parole suonano come una minaccia esplicita. Il primo ministro groenlandese, Múte B. Egede, ha replicato con fermezza: “La Groenlandia è dei groenlandesi”.

Il Canada: un alleato che non cede

Forse il fronte più sorprendente è quello aperto contro il Canada. Trump ha scatenato una bufera diplomatica mostrando una mappa che ridisegna i confini nordamericani, includendo il vicino settentrionale come parte degli Stati Uniti. Il primo ministro canadese, Justin Trudeau, ha definito le dichiarazioni del presidente eletto “infondate e inaccettabili”, sottolineando che il Canada “non cederà mai alla coercizione economica o militare”.

La tensione è aumentata ulteriormente con la proposta di introdurre dazi contro Ottawa, una mossa che il ministro degli Esteri canadese, Melanie Joly, ha definito una “totale mancanza di comprensione della forza del Canada”.

Medio Oriente: il ritorno dell’”inferno”

Come se non bastasse, Trump ha minacciato una reazione devastante se Hamas non rilascerà gli ostaggi prigionieri entro il 20 gennaio, giorno del suo insediamento. “Succederà l’inferno in Medio Oriente”, ha dichiarato, segnando un netto cambio di passo rispetto alle politiche di Joe Biden.

Trump ha criticato duramente la gestione del conflitto israelo-palestinese da parte del suo predecessore, definendola un “fiasco”. “Noi non avevamo guerre, ora eredito un mondo in fiamme”, ha commentato, presentandosi come l’uomo forte capace di ristabilire un ordine globale.

Nato e nuove ambizioni

Nel contesto di una retorica aggressiva, il presidente eletto non ha risparmiato neppure i tradizionali alleati della Nato, chiedendo un aumento della spesa militare al 5% del PIL. Questa richiesta, secondo gli analisti, potrebbe mettere in difficoltà molti Paesi membri e alimentare ulteriori tensioni all’interno dell’Alleanza.

Una nuova geopolitica o un ritorno al passato?

Le dichiarazioni di Trump, al di là delle minacce e delle promesse, delineano una visione del mondo in cui gli Stati Uniti devono riaffermare il loro ruolo di superpotenza egemonica. Il tycoon sembra voler ripristinare un ordine internazionale basato sulla forza e sulla paura, a costo di scardinare equilibri diplomatici costruiti con anni di dialogo e negoziati.

Con il suo stile provocatorio e imprevedibile, Trump sta inviando un messaggio chiaro: la politica internazionale non sarà mai più la stessa. Ma in un mondo già segnato da conflitti e crisi globali, resta una sola domanda: il suo approccio porterà stabilità o caos? E quale sarà il ruolo dell’Italia in questo nuovo scenario globale?