«Oggi come sapete per me è il momento dei saluti, prima però c’è stato il lavoro, c’è stato il teatro, c’è stato l’impegno, c’è stato il viaggio. Il mio mandato come Presidente della Fondazione Teatro della Toscana, per cui ci tengo a ringraziare ancora una volta il Sindaco Nardella, si è sostanziato di un sogno condiviso: fare del Teatro della Toscana, oltre che confermarne il ruolo di grande Teatro Nazionale, un vero Teatro Europeo. Questa ambizione, portata avanti negli anni con il direttore generale Marco Giorgetti, con il direttore artistico Stefano Accorsi, con il direttore della Scuola L’Oltrarno Pierfrancesco Favino, è oggi realtà. Questo è quello che siamo oggi: un Teatro Europeo. Per tutto quanto fatto non posso che ringraziare con tutto il cuore: i Soci, ogni Socio, la Regione Toscana con il Governatore Giani, il Comune di Firenze e la Città Metropolitana Fiorentina, la Fondazione CR Firenze con il Presidente Bocca e il Direttore Gori, il Comune di Pontedera con il Sindaco Franconi, la Fondazione Peccioliper con il Sindaco Macelloni, i Consiglieri di Amministrazione, quelli di oggi e quelli di ieri, che hanno saputo sempre indicare la strada e dare prospettiva e fiducia alle proposte difficili che questa comportava per progredire, il Collegio dei Revisori, presieduto dal Prof. Giacinti, che ne ha seguito con lucidità e rigore l’andamento, le donne e gli uomini che compongono la struttura della Fondazione, in ogni competenza e ruolo, dimostrando una altissima professionalità anche al confronto con gli altri Teatri nazionali ed esteri, gli artisti e le maestranze tecniche, linfa del nostro Teatro, il nostro pubblico, senza dubbio il migliore d’Italia, il più appassionato, il più competente, il più curioso ed esigente che ci sia».
Tommaso Sacchi, Presidente Teatro della Toscana
Il Teatro della Toscana, sotto la presidenza di Tommaso Sacchi, ha compiuto un viaggio che ha determinato la realtà di oggi, che si può affermare senza dubbio essere quella di un Teatro Europeo, in costante relazione fattiva e attiva con una rete di teatri e istituzioni culturali sia in Europa che in Africa.
Questo viaggio, che ha portato la Fondazione a essere quello che è oggi, ha il suo fondamento in un Teatro policentrico che affianca all’attività produttiva quella di diffusione, divulgazione e trasmissione dello strumento teatro e del fatto teatrale. Un percorso di primaria grandezza, nella continua tensione ideale tra arte e impegno civile, tra attenzione rivolta all’individuo e riflessione sulla collettività.
L’identità di Teatro Europeo ha unito e unisce la Fondazione con artisti e istituzioni che condividono metodi e valori quali Giovani, Europa, Lingua, come il Théâtre de la Ville di Parigi nel comune progetto L’Attrice e l’Attore Europei volto alla costruzione di una figura di performer capace di superare confini e barriere linguistiche e di inserirsi in cast multinazionali, aperto anche alla collaborazione con il continente africano. Ne sono un esempio le coproduzioni internazionali PESSOA – Since I’ve been me di Robert Wilson, Ionesco Suite di Emmanuel Demarcy-Mota, Les Fantômes de Naples per il Louvre di Parigi, che vedono il coinvolgimento di attori e maestranze della Fondazione e il cui impulso si deve a Emmanuel Demarcy-Mota che il Teatro della Toscana ringrazia per essere di continua ispirazione nella creazione del nuovo teatro.
Il Teatro, quindi, diviene la struttura di specializzazione e avviamento al lavoro delle migliori leve in ogni mestiere teatrale, impiegati in ogni settore come in una bottega d’apprendistato, fatto che ha anche permesso di superare il periodo critico del Covid grazie a spettacoli identitari come Dubliners di Giancarlo Sepe e ad attività innovative come Firenze TV.
Afferma Marco Giorgetti, Direttore generale del Teatro della Toscana: «Questo è il tempo della consapevolezza di quello che siamo, della tenuta e della continuità di una struttura unica in Italia per conformazione, articolazione, attività, per garantire ogni possibile futuro in ogni possibile assetto. Quello che siamo lo ha ricordato il Presidente, quello che saremo lo decideranno i nuovi rappresentanti dei Soci all’esito delle prossime tornate elettorali, nel nuovo assetto societario che si definirà, anche a seguito della recente modifica statutaria. La tenuta della continuità si basa sui numeri: i dati degli anni, i risultati, l’andamento del pubblico… Si basa anche sulla prova affrontata lo scorso anno, quando abbiamo saputo reggere al venir meno di risorse, mantenendo la rotta e l’integrità dell’impianto del Teatro Nazionale. Questa esperienza contribuisce a consolidare la consapevolezza di oggi e ci fa guardare con fiducia alla prospettiva del futuro. Per tutto quanto fatto mi unisco con tutto il cuore al ringraziamento del Presidente rivolto a Soci, Consiglieri, Revisori, lavoratrici e lavoratori, artisti, tecnici, pubblico».
Il direttore Giorgetti ci tiene a sottolineare la forza simbolica che assume l’immagine dello spettacolo Wilson / Pessoa che oggi collega idealmente il Teatro della Toscana e il Théâtre de la Ville in una fratellanza piena di senso.
Un viaggio forte dei numeri realizzati.
Ogni anno la Fondazione è stata riconosciuta dal Ministero della Cultura con il massimo incremento del contributo, e dal pubblico, con ricavi in crescita.
Il contributo ministeriale è aumentato da 1.525.149 € nel 2020 a 1.605.066 € nel 2021 a 1.765.573 € nel 2022 a 1.889.163 € nel 2023, con l’auspicio di raggiungere i 2.000.000 € nel 2024.
Le giornate recitative sono aumentate da 318 nel 2020-2021 a 390 nel 2022 a 450 nel 2023, e si attesteranno su 500 nel 2024.
Gli spettatori sono aumentati da 35mila nel 2020-2021 a 152.080 nel 2022 a 177mila nel 2023 a 185mila nel 2024.
Le giornate lavorative sono passate da 23.534 nel 2020 a 23.320 nel 2021 a 28mila nel 2022 a 30.500 nel 2023 a 30.000 nel 2024.
È la fotografia di una struttura che crea lavoro e impiega per oltre il 50% giovani al di sotto dei 35 anni in ogni ambito della sua attività.
Nella stagione appena trascorsa, in particolare, si registra un aumento del 20% di incassi e di spettatori, per un totale di oltre 185mila presenze, di oltre 5mila abbonamenti, di cui quasi 1000 TT Young Card (la membership card riservata agli under30), e di oltre 75mila biglietti venduti. Numeri che hanno decretato il tutto esaurito per oltre la metà degli spettacoli.
A questo proposito, il direttore ritiene doveroso precisare che le problematiche economiche registrate nel 2023 sono state determinate dal venir meno a metà anno di parte della base contributiva che era stata prospettata per il triennio 2022 – 2024.
A fronte di tale riduzione, avvenuta in corsa, non potendo normativamente ridurre i programmi ministeriali se non in percentuale minima, si sono adottate le misure e le variazioni possibili attingendo poi per la chiusura di bilancio al fondo di riserva, mentre per quanto riguarda il 2024 e il triennio 2025 – 2027, essendo oggi compiuta la stagione appena conclusa ed essendo garantita la piena continuità della Fondazione, le scelte relative alle priorità e alle strategie future, dalla seconda parte del 2024 fino al futuro triennio, spettano ai nuovi rappresentanti della compagine societaria che, dopo l’uscita della Fondazione CR Firenze e all’esito delle consultazioni elettorali, si insedieranno nel mese di giugno. Oggi, grazie al controllo sempre tenuto sulla situazione, tutto è aperto e pronto per ogni possibile scelta.
Quello che è certo è che ogni futuro che sarà deciso non potrà che essere costruito a partire da quello che il Teatro della Toscana è oggi e a partire dalle istanze e dagli impulsi che hanno attraversato e tuttora attraversano il Teatro contemporaneo.
La Fondazione annuncia ora le proprie attività a partire dalla stagione 2024/2025 del Teatro della Pergola, per poi progressivamente attuare le linee programmatiche attuali di Teatro Era, Teatro di Rifredi, Ex Cinema Goldoni, con momenti di presentazione ad hoc, secondo la tempistica consueta.
In riferimento alla prossima stagione della Pergola, le opere in programma sono scelte per il loro valore creativo e per la capacità di dialogare con temi e questioni attuali, contribuendo a formare un mosaico di stili, visioni e poetiche che rispecchino le tante anime e le diverse sensibilità del pubblico.
Il panorama è quello del miglior teatro italiano e internazionale.
Su questa linea, il primo spettacolo dal 4 al 6 ottobre che prelude all’apertura è rappresentato dal De profundis di Wilde, l’opera che permette di riconoscere l’uomo e lo scrittore, affrontata da un Maestro, Glauco Mauri, che ha legato il suo nome alla Pergola come Casa della Poesia, in un allestimento particolare con il pubblico accolto direttamente sul palcoscenico. È dedicato a una grande attrice come Eleonora Duse, nel centenario della morte, lo spettacolo in collaborazione con il Lyceum Club Internazionale di Firenze, accompagnato anche da una mostra, con Susanna Marcomeni per la regia di Antonio Frazzi.
La Pergola apre e chiude nel segno di Eduardo, celebrando il quarantesimo anniversario dalla sua scomparsa con, in apertura, Ditegli sempre di sì con i giovani Mario Autore, Anna Ferraioli Ravel, Domenico Pinelli, quest’ultimo anche regista e, in chiusura, con Emmanuel De-Marcy Mota, che mette in scena con la troupe del Théâtre de la Ville La grande magia, una visione francese del testo di De Filippo che debutta in Italia nell’ambito del partenariato tra Firenze e Parigi, nel quadro degli Chantiers d’Europe. Nell’ambito dei rapporti tra la Pergola e Onassis Stegi di Atene, Euripides Laskaridis torna dopo Elenit a presentare con Lapis Lazuli un suo nuovo mondo accattivante, fiabesco ed enigmatico.
Sonia Bergamasco nella Locandiera di Goldoni diretta da Antonio Latella, Toni Servillo in Tre modi per non morire di Montesano, Stefano Massini nel suo Mein Kampf da Hitler, Filippo Timi nel suo Amleto da Shakespeare, Manuel Agnelli in Lazarus di Bowie e Walsh diretto da Valter Malosti, Alessandro Benvenuti con Falstaff a Windsor di Chiti da Shakespeare, Alessandro Preziosi e Nando Paone in Aspettando Re Lear di Mattei da Shakespeare e Beckett, interpretano opere polifoniche di straordinaria efficacia, drammaturgie contemporanee che affrontano classici universali.
Gabriele Lavia e Federica Di Martino in Lungo viaggio verso la notte di O’Neill, Renato Carpentieri in Sarabanda di Bergman diretto da Roberto Andò, Franco Branciaroli in Sior Todero Brontolon di Goldoni diretto da Paolo Valerio, Mariangela D’Abbraccio nello Zoo di vetrodi Williams diretta da Pier Luigi Pizzi, Luca Barbareschi in November di Mamet diretto da Chiara Noschese, sono grandi interpreti per grandi testi, attraverso cui la Pergola diventa uno spazio di dialogo, in perfetto equilibrio tra tradizione e innovazione.
Michele Placido nel suo Pirandello – Trilogia di un visionario, Geppy Gleijeses nel Fu Mattia Pascal di Pirandello diretto da Marco Tullio Giordana, Neri Marcorè nella Buona novella da De André diretto da Giorgio Gallione, Massimo Dapporto, Fabio Troiano in Pirandello pulpdi Erba diretti da Gioele Dix, Enrico Guarneri, Nadia De Luca nella Storia di una Capinera di Verga diretti da Guglielmo Ferro e, nel Saloncino ‘Paolo Poli’, gli Amori rubati di Dacia Maraini e Federica Di Martino, Edoardo Sylos Labini negli Inimitabili di Crespi, al debutto il 19 giugno in Senato, nel Cortile di Sant’Ivo alla Sapienza, rappresentano la valorizzazione del repertorio italiano in chiave moderna.
Rocco Papaleo nell’Ispettore generale di Gogol diretto da Leo Muscato, Flavio Insinna, Giulia Fiume in Gente di facili costumi di Marino e Manfredi diretti da Luca Manfredi, Magnifica Presenza di Ferzan Ozpetek, Francesco Pannofino in Chi è io? di Angelo Longoni, anche attraverso il riso e la comicità, parlano in modo diretto con il pubblico.
Il Teatro Era consolida la fisionomia di “casa del fare teatrale”, con la nascita delle nuove creazioni di artisti come Rocco Papaleo per ilCirano di Santeramo, Stefano Massini, Daniele Finzi Pasca, e spettacoli che avranno una circuitazione tra la Pergola e il Teatro Era, nell’ottica di un consolidamento del ponte regionale tra Firenze e Pontedera. Un impegno radicato nella Valdera che, al contempo, si apre con un respiro nazionale.
Il Teatro di Rifredi si conferma nel ruolo di centro culturale che, prioritariamente attraverso le creazioni di Angelo Savelli, fa della ricerca sulla drammaturgia e sul sostegno alle nuove generazioni il suo impegno, come dimostra la nuova edizione, già da tutto esaurito, diWalking thérapie, in partenza il 3 giugno.
L’Ex Cinema Goldoni continua l’attività di sperimentazione e confronto con il pubblico degli allievi della Scuola L’Oltrarno diretta da Pierfrancesco Favino, che mantiene un respiro internazionale, allievi che debuttano il 4 giugno nella prima assoluta di Tagli di Fausto Paravidino. Gli spettacoli sono scoperta e incontro. Le sale della Fondazione sono il luogo di partenza e “il mezzo di trasporto”, attraversate anche da un progetto di formazione del pubblico. La destinazione è il viaggio, personale e collettivo, nel tempo e nello spazio dell’emozione. E il 17 luglio, grazie alla collaborazione con Antico Teatro Pagliano e Teatro di Fiesole, gli abbonati del Teatro della Toscana avranno la formidabile opportunità di assistere, a prezzi agevolati, al concerto a Fiesole di Dana Al Fardan, ambasciatrice culturale della Qatar Philharmonic Orchestra (QPO) e uno dei principali talenti creativi pionieristici sia della sua generazione che del mondo arabo.
Nella complessità del momento presente in cui le istanze del contemporaneo si palesano con la forza dei giovani, delle periferie, dei mondi marginali, di un ‘nuovo’ che non si è in grado di immaginare, perché non può rientrare nelle categorie di pensiero attuali, si possono solo creare le condizioni perché questo ‘nuovo’ si realizzi nel futuro più prossimo possibile, perché quello che è stato fatto è inesorabile, non si può fermare, ha la forza della verità, fa parte di un mondo dei sogni che si fanno realtà del presente.
Nel fondamento del partenariato con il Théâtre de la Ville di Parigi, con la condivisone dei valori di prospettiva sul ruolo del teatro nel XXI secolo, la consapevolezza acquisita è che per garantirsi un futuro il Teatro debba affrontare i grandi temi e debba uscire dai confini del suo edificio. In questo senso si sviluppa la rete della “Piazza dei Teatri”, ovvero di una serie di soggetti interessati all’intervento dell’arte nello spazio urbano. I Teatri escono da sé per invadere le piazze urbane. Da Parigi e Firenze il progetto si è allargato all’Africa (il Camerun con l’Istituto Francese e la Fondation MAM, il Ruanda con Rwanda Arts Initiative, la Tunisia col Teatro Nazionale), alla Romania con il Festival di Sibiu, al Kosovo con Qendra Multimedia e Jeton Neziraj.
Attorno alle Consultazioni Poetiche nasce un’altra rete che, oltre alle nazioni citate, include anche l’Ivan Franko National Drama Theater di Kiev: Italia, Francia, Romania, Kosovo e Ucraina hanno presentato un grande progetto europeo per sviluppare la dimensione del welfare legata alle Consultazioni poetiche. Altro aspetto del partenariato è quello legato al rapporto arte-sport, in vista delle Olimpiadi di Parigi 2024 e anche di quelle di Los Angeles del 2028. Le prime due realizzazioni in partnership sono il Ping Pong Poesia e il Tennis Teatro.
Tutto questo nel quadro dei valori condivisi su Arte e Scienze, Arte e Salute, Cultura e Ambiente, Educazione e Formazione, Pari opportunità e Identità di genere, Sport, tematiche e valori alla base della comune Carta 18-XXI dedicata ai “nuovi maggiorenni del millennio” che si è confermata negli anni la mappa del viaggio.
Di fronte alle sfide del contemporaneo, l’idea di un “teatro del mondo che verrà” si pone concretamente, proiettandolo in una dimensione ulteriore, realmente immaginativa di un futuro, ricostruendo i ponti ideali e i collegamenti che da tempi inimmaginabili connettono Firenze e l’Italia all’Europa.
E a proposito di visioni e ponti non possiamo non ricordare che l’iniziatore di questo lavoro, colui al quale si deve la realtà odierna soprattutto nella dimensione internazionale, ma non solo, è Maurizio Scaparro, grande Maestro per tutti noi dell’utopia, della proiezione nell’oltre, della costruzione di ponti inimmaginabili, dell’applicazione quotidiana della massima di Eliot: “solo chi rischia di andare troppo lontano avrà la possibilità di scoprire quanto lontano si possa arrivare”.
Sono finiti i Maestri, ma tutto nasce dall’ultimo Maestro che ci sia stato in Europa, il fondamento di sempre per il Teatro della Pergola prima e per il Teatro della Toscana poi: Orazio Costa, del quale il Centro di Avviamento all’Espressione rappresenta il punto di arrivo del lavoro sulla pedagogia teatrale e sullo studio dell’espressione della creatività e della comunicazione; un lavoro che ha impegnato tutta la sua vita, dalle prime esperienze come assistente di Jacques Copeau fondamentali per l’elaborazione della sua metodologia didattica, e poi attraverso gli anni di insegnamento all’Accademia di Arte Drammatica “Silvio D’Amico” dove ha formato i più importanti attori della storia del teatro e del cinema italiano dal dopoguerra agli anni Novanta.
Un lavoro che oggi continua e riceve costante impulso grazie al successore diretto di Costa nel compito arduo ma entusiasmante di Direzione del Centro: Pier Paolo Pacini.
Oggi il Centro di Avviamento all’Espressione evidenzia in modo sempre più preciso il suo ruolo non soltanto di propulsione e diffusione del metodo mimico, ma soprattutto di centro di ricerca teso a superare il concetto classico di formazione, vero e proprio motore culturale delle attività della Fondazione.
Nella visione di una Fondazione i cui teatri sono spazi totali, in un costante intreccio di arti e mestieri, di dialogo fra le arti e di vera pluridisciplinarità, fra musica, teatro, danza, arte figurativa e plastica, passando dallo sport, essi divengono luoghi da vivere e abitare come case, per il pubblico come per i teatranti, per gli appassionati come per i curiosi, in una visione dei luoghi che ci riporta a colui al quale dobbiamo l’opportunità di oggi di continuare a vivere e animare questo Teatro, il Teatro della Pergola, il mitico Alfonso Spadoni, il quale, inviato a Firenze dall’Eti nel 1960 per chiudere un Teatro in profonda crisi realizzò invece in pochi mesi, contro tutto e tutti, la migliore stagione di sempre, grazie ai teatranti, grazie agli appassionati, affermando che: “Un teatro, un vecchio glorioso teatro, non è un edificio, un “locale”, ma una misteriosa creatura dell’uomo le cui cellule di materia inerte – ferro legno cemento – sono in grado di sprigionare un’anima vitale e fremente. Un teatro, un vecchio, glorioso teatro, è qualcosa di vivo, è un amico, un appuntamento, un ricordo, uno specchio, un momento, un legame, una libertà, una nostra storia, una nostalgia, una sommessa felicità, un essere in tanti, un essere soli, un desiderio nascosto, un desiderio soddisfatto, la nostra casa, la bella casa degli altri, una verità sconosciuta, una verità dentro di noi, un incontro, una giustizia, una mano per il nostro cammino, un passo del nostro cammino, un libro dei libri perduti e ritrovati, e tante altre cose e molte altre ancora, a volte neppure esprimibili e comunque non contenibili in un numero, in una serie di numeri o in un calcolo, non ingabbiabili in un rendiconto o in una relazione”.
È giusto ricordare le tappe del viaggio che ci ha portato fin qui e dunque la storia, le radici, il fondamento su cui viviamo il quotidiano, i punti di riferimento sicuri nella mappa della navigazione.
A lui si deve il culmine del periodo fra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, quando Firenze è stata al centro di una eccezionale confluenza di personalità e di Maestri, da Kantor a Costa a Eduardo, mentre a Pontedera agiva Grotowski, divenendo per essi il nostro territorio un laboratorio teatrale senza precedenti.
Guardando a quel tempo, assume oggi un significato profondo il lavoro di Bob Wilson con il suo PESSOA – Since I’ve been me, spettacolo che, raccogliendo in sé tutti gli elementi della ricerca degli ultimi anni, si riconnette idealmente con quel tempo, con quella ricerca e con la formidabile vitalità che finalmente è tornata nei nostri luoghi, nelle nostre Città.
Un viaggio che viene da lontano e che passa sempre attraverso di noi.
«Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: “Non c’è altro da vedere”, sapeva che non era vero. La fine di un viaggio è solo l’inizio di un altro. Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si era visto in estate, veder di giorno quel che si era visto di notte, con il sole dove prima pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l’ombra che non c’era. Bisogna ritornare sui posti già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre».
Josè Saramago, “Viaggio in Portogallo”