Il rapporto del Sole24 ore sulla qualità della vita in Italia è la fotografia del benessere dei cittadini e del loro grado di soddisfazione riguardo ai servizi offerti. É frutto di un analisi di circa 90 indicatori racchiusi in sei macrocategorie. Si va dall’ambiente alla sicurezza, passando per la densità abitativa, i servizi sociali e la ricchezza pro capite di ciascun individuo.
Dall’analisi del 2023 emerge un aspetto chiaro ed inequivocabile che non dovrebbe sorprendere bensì allarmare: l’Italia viaggia a due velocità distinte, con differenze nette tra il Nord e il Sud del Paese.
Udine é la provincia dove si vive meglio, seguita da Bologna e da Trento. Un dato che racconta tanti aspetti di questa città con un tasso di occupazione accettabile, nonostante un Paese che esce da un un grande shock economico; la forte presenza femminile nell’amministrazione pubblica e una bassa percentuale di violenza di genere.
Detto questo, la nostra attenzione non può non andare verso le grandi realtà metropolitane, Roma in primis, seguita poi da Milano. La prima si attesta al trentacinquesimo posto, con grandi fatiche specie nell’ambito della sicurezza e dell’ambiente. La seconda invece si conferma una delle città dove si vive meglio, complici sopratutto i luoghi di attrazione culturale, le prestigiose università dove si formano migliaia di studenti e le possibilità di lavoro e di crescita professionale. Milano è sempre più proiettata nella dimensione europea con il primato di start-up innovative e di imprese che fanno e-commerce.
Ma anche sotto la Madonnina la gente ha qualche preoccupazione. Ce lo dicono chiaramente i numeri, rimarcando come la sicurezza e le disparità economiche siano un vero problema. La città meneghina recentemente è stata al centro di una protesta generale da parte degli studenti per gli insostenibili prezzi degli alloggi che impegnano quasi il 60 per cento del reddito familiare, fermo restando che le retribuzioni non viaggiano allo stesso ritmo dei costi.
A proposito di sicurezza invece, è di qualche giorno l’intervista rilasciata al noto attore milanese, Massimo Boldi, alquanto critico sul malessere che permea i quartieri meno abbienti, sottolineando come la carenza di risorse finanziarie e di attenzione possa incentivare comportamenti criminali.
Qualche mese fa, sul nostro periodico abbiamo avuto anche l’occasione di riportare l’intervista al capogruppo del PD in Consiglio Comunale Filippo Barberis il quale ha ribadito che “stiamo portando avanti un piano di assunzioni con la polizia locale, circa 500 nuove assunzioni in questo biennio con un piano che rappresenta una novità mai avuta prima a questi livelli.”
La sicurezza è un bene comune, al pari dell’ambiente oserei dire, che necessita costantemente di cura, di programmazione e di risorse da parte dei soggetti a ciò preposti. I sindaci non possono essere lasciati soli, pertanto é necessario che l’attivazione di nuovi patti di sicurezza tra Stato ed enti locali ritorni al centro dell’agenda del governo nazionale. Ciò si rende necessario al fine di un’azione congiunta e sussidiaria su più livelli di governo per promuovere e garantire il diritto alla sicurezza.
Come richiamato in apertura, un dato allarmante è che fra le prime posizioni della classifica non ci sono province del Sud, con l’unica eccezione di Cagliari al 23° posto. Le ragioni appaiono ben chiare considerando, tra le tante, il divario infrastrutturale tra le due aree e un servizio sanitario non omogeneo che comporta le cosiddette “migrazioni sanitarie” da una regione all’altra. A ciò si aggiunge il disegno di legge di autonomia differenziata, che rischia di diventare la pietra tombale di qualsiasi possibilità di mitigare la crescita del divario Nord-Sud.
È ora di invertire la rotta, di navigare verso orizzonti comuni di sviluppo e di coesione, mettendo da parte la propaganda e ritornare a quello che per Aristotele è il vero scopo della politica: l’impegno per il bene comune.