Il Teatro di Rifredi ripropone L’Amico Ritrovato nel Giorno della Memoria. In un mondo afflitto dalla post verità quanto è importante il ricordo, la storia di quello che è accaduto?
La memoria e l’oblio. Tra questi due opposti, uno luminoso (per quanto a volta doloroso) e l’altro oscuro (per quanto a volte ostentato alla luce del sole), ci dibattiamo in questa nostra imbelle contemporaneità. Dimenticare è facile, è soporifero, è tranquillizzante. Meglio rimuovere che fare i conti con le nostre a volte imbarazzanti radici. Ma il Teatro no! Un teatro pubblico, un teatro civile, un teatro tanto testimone della contemporaneità quanto guardiano dei valori fondanti della nostra libera società, non gira la testa, non chiude gli occhi. Soprattutto in questo momento storico in cui il frastuono delle bombe, il veleno delle ideologie sovraniste, la sfacciataggine delle ingiurie razziste e antisemite sembra farla da padrone, occorre che dai teatri si levi una voce di verità, la verità della sacralità della dignità umana.
La storia parla di giovani ed è rivolto ai giovani (sono previsti anche spettacoli mattutini per le scuole). Da una parte c’è la memoria ma per le nuove generazioni è importante anche la conoscenza di certi fatti. Come possiamo arrivare a loro sempre di più?
Con la testimonianza. Con l’esempio. Arrivando alla conoscenza dei fatti del passato attraverso l’urgenza delle contraddizioni del presente. Acquisire le nozioni di quei fatti, di quel passato (pratica senz’altro meritoria e necessaria), può rischiare di relegare a puri fatti storici quegli eventi, senza farci riflettere che in questo caso, allora come oggi, sono in gioco i principi fondamentali della nostra convivenza umana e civile. Ed è quello che da trent’anni stiamo facendo al Teatro di Rifredi con i nostri progetti per la scuola, i quali, essendosi conquistati la credibilità dei vari istituti e degli insegnanti, sono frequentati da un altissimo numero di studenti.
Possiamo inquadrare il valore dell’amicizia oggi, non solo come valore empatico ma come una vera e propria poetica della relazione?
Tra le varie relazioni sentimentali, familiari, lavorative e sociali, l’amicizia è quella più disinteressata perché non vincolata ad un obbligo, ma frutto di una scelta personale consapevole. In quanto tale, io credo che non esista l’amicizia in astratto, quanto semmai tanti tipi diversi di amicizia che però hanno alcuni elementi in comune: la complicità, il sentimento di sentirsi unici, la libertà d’espressione, la ricerca della gioia e la capacità di riempire un vuoto.
Come ha affrontato la riduzione per il teatro de “L’Amico ritrovato” il drammaturgo catalano Josep Maria Miró?
Miró ha costruito, in maniera magistrale, una sorta di “ricerca del tempo perduto” in cui al posto della famosa madeleine di Proust c’è qui una lettera che fa riaffiorare nel maturo Hans, ebreo fuggito a New York, il ricordo degli anni di liceo in Germania e della sua intensa amicizia con il tedesco Konradin, drammaticamente interrotta dall’avvento del nazismo. Mentre Hans adulto ricorda la ferita dell’abbandono, la sua voce presente si mescola a quelle passate dei due ragazzi, in una studiatissima e stringente polifonia che ci restituisce il dolce sapore di quell’amicizia e l’amaro di una ferita dolorosissima. Miró si è concentrato solo su queste tre figure, focalizzando il racconto sui loro sentimenti rendendolo più efficace ed intenso; il resto è un coro di fantasmi che appare solo attraverso i loro occhi e la loro evocazione.
E tu che ne curi la regia, come l’hai concepito?Nello spettacolo ho tenuto ben separati i due piani del presente e del passato, di New York e della Germania. Infatti, Hans adulto agisce dal suo appartamento newyorkese in una pedana esterna situata davanti al palcoscenico e parla direttamente al pubblico senza mai guardare gli altri attori, se non nell’ultima toccante scena. Alle sue spalle il palcoscenico diventa il luogo del ricordo, evocato innanzitutto da una serie di banchi di scuola semoventi in cui siedono anche alcuni sinistri manichini: una sorta di crepuscolare “classe morta” in cui di vivo c’è solo la grande umanità dei due amici. L’apparire e scomparire di un grande telo verde, un cielo notturno segnato dalla costellazione dei Gemelli, una bandiera nazista, accompagnano l’evolversi di un’amicizia e degli eventi storici che sembrano spezzarla per sempre.
Anche la musica ha un ruolo centrale in questo spettacolo. Ce ne parli?
Come sosteneva Nietzsche, il teatro nasce dalla musica. Per me è sempre stato difficile pensare ad uno spettacolo senza musica; anzi, nei miei primi spettacoli degli anni ‘70 c’erano soltanto, musica, canto e danza. Poi con gli anni ho sviluppato un rapporto dialettico tra la parola e la musica, sempre accompagnato da valenti musicisti: uno per tutti: Nicola Piovani. Scegliere una musica per uno spettacolo non significa descrivere ma entrare nel cuore profondo, nel tabernacolo della storia. La musica dice quello che i corpi e le parole non possono dire. Ne “L’amico ritrovato” ho lavorato con il giovane ma talentuoso compositore Federico Ciompi ad identificare soprattutto il “tema dell’amicizia”. Ne è nato un tema al tempo stesso robusto e delicato, come i nostri due protagonisti; ma dovendo questa loro amicizia fare i conti con un preciso evento storico, la tragedia dell’Olocausto, questo tema diventa anche una canzone, eseguita in modo del tutto naif, da un innocente bambino che canta in lingua jiddish. Se non straziante, quanto meno commovente.
Foto di Marco Borrelli
26 – 28 gennaio | Teatro di Rifredi, Firenze
(venerdì, sabato, ore 21; domenica, ore 16:30)
L’AMICO RITROVATO di Fred Uhlman
adattamento Josep Maria Miró
traduzione e regia Angelo Savelli
con Mauro D’Amico, Olmo De Martino, Roberto Gioffré
musiche Federico Ciompi
costumi Serena Sarti
disegno luci Henry Banzi
coordinamento tecnico dell’allestimento Lorenzo Belli
realizzazione elementi scenici Tuttascena
foto Marco Borrelli
la canzone dello spettacolo è cantata dal piccolo Pietro Cambiati
produzione Teatro della Toscana