Incorregibile, nel senso più positivo del termine, Hayao Miyazaki, il genio giapponese dell’animazione, che ci ha regalato la sua nuova e attesa opera, “Il Ragazzo e l’Airone”, non mantenendo fede alla sua promessa del 2013 di non fare più film. Una promessa non mantenuta che si rivela un toccasana contro le brutture cinematografiche, e non solo, dei nostri tempi, visto che la sua ultima creazione ha conquistato la vetta delle classifiche degli incassi, in Italia, negli USA e ovunque.
Intendiamoci, “Il Ragazzo e l’Airone” non è un film facile e di puro intrattenimento, ma conquista con il linguaggio universale dello stupore e della fascinazione con cui Miyazaki accompagna lo spettatore fin dalle prime immagini, in un turbinio caleidoscopico di immagini ed emozioni. Il protagonista della storia, Mahito, un dodicenne guidato da un airone cenerino, ci conduce nell’ avventurosa scoperta di una misteriosa e magica torre.
Nel film ritroviamo tutti gli elementi che caratterizzano e fanno amare il cinema di Miyazaki. Come in molte sue opere, è un racconto di formazione in cui il protagonista, vivendo le sue surreali avventure, compie un viaggio interiore e di scoperta di sé stesso. Miyazaki, in maniera ineguagliabile, dipinge mondi straordinari popolati da creature magiche e paesaggi incantati che invitano lo spettatore a immergersi in un’oasi di meraviglia.
Così come in “La città incantata” del 2001, Miyazaki mostra come la fantasia possa essere un viatico per superare le difficoltà della vita e riscoprire la nostra autenticità. Anche in questo ultimo film, la ricchezza narrativa si intreccia con forti messaggi ecologisti e pacifisti, come evidenziato in “Nausicaä della Valle del Vento” del 1984, dove l’autore ci guida attraverso un mondo post-apocalittico in cui la protagonista lotta per la coesistenza tra l’uomo e la natura.
Il richiamo all’ecologia è costante nel lavoro di Miyazaki, che si fa portavoce di un’appassionata difesa della Terra e del suo delicato equilibrio. Nei suoi film, la bellezza della natura viene celebrata, invitandoci a riscoprire l’incanto nelle foglie che sussurrano e nei venti che trasportano storie. In “La principessa Mononoke” del 2000, ad esempio, il regista narra di un mondo in cui la distruzione dell’ambiente porta a un inaridimento spirituale.
Parallelamente, il maestro giapponese esplora il tema della pace attraverso narrazioni che denunciano le devastazioni della guerra, come in “Laputa – Castello nel cielo” del 1986, dove l’enfasi è posta sulla ricerca di una soluzione pacifica al conflitto anziché sulla forza distruttiva. Con il suo ultimo capolavoro, “Il ragazzo e l’airone”, Hayao Miyazaki è riuscito a riversare nuova linfa vitale nei nostri cuori, poiché il suo cinema è un antidoto contro l’inaridimento dei nostri tempi, trionfo del virtuale e dell’artificiale. Già si sussurra di un nuovo lavoro in progetto per il maestro giapponese, e credo che chi ama il cinema e la bellezza si augura che Miyazaki non tenga mai fede alla sua promessa di ritirarsi. In ogni film di Miyazaki, la fantasia è una sorgente di vitalità che rigenera la nostra capacità di sognare e immaginare un mondo di magia e gentilezza, come accade nel film culto del regista giapponese: “Il mio vicino Totoro” del 1988, che è a buon diritto tra i capolavori assoluti del cinema di animazione di tutti i tempi.