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Strage di Vergarolla. La mia testimonianza

di Anna Maria Crasti*

18 agosto 1946 sono le 14,10 

Fa caldo, e non può che essere così: sono le 14 del 18 agosto.
Tutti, uomini donne e bambini, tanti tanti bambini, sono in acqua o sotto i pini, profumati.
Ridono e giocano, si divertono.
Il calore del sole spande per l’aria il profumo dei pini mescolato a quello della resina.
Il mare è tiepido e calmo.
Anche se hanno mangiato da poco, i bambini sguazzano in quel mare limpido e chiaro, disubbidendo a mamme nonne e zie che li rimbrottano.
Non si può stare in acqua durante la digestione: sarebbe proibito – guai! – ma ci sono tanti piccoli amici  con cui giocare e divertirsi  e mamme nonne e zie fanno finta di non vedere.
È festa anche per loro ed è così bello ciacolar con le amiche.
È così bello ritrovarsi, anche solo per una giornata, immaginando che tutto vada bene, che tutto sia normale, quasi dimentichi, ma non è così, che, oramai da anni, viviamo nella paura e nel dubbio.
Sarebbe così bello!
Quell’incertezza che ci attanaglia da un pò, oggi non c’è: oggi si ride, si scherza.
Oggi tutti sono d’accordo nel voler dimenticare ansia e dubbi.
Oggi si finge.
Mamme nonne zie guardano dalla pineta, preoccupate, quei loro bambini che saltano su “quelle robe” grosse grandi scure di metallo.
Con quel caldo, col sole che scotta…prenderanno troppo sole, un colpo di caldo e, stasera, staranno male.
Anita è mia cugina.

Anita è all’ombra, sotto quei pini, serena sorridente felice di una  giornata di riposo: stasera deve tornare a lavorare.
Aiuta la sorella Catineta, cassiera al cinema teatro “ Sala Umberto “.
Ma alle 14 sta per “ ‘ndar in aqua a far una tociada” per rinfrescarsi un pò.
Tutto è perfetto.
Il cielo blu, il sole caldo, il mare pieno di colori, tutti contenti, soddisfatti  del cibo portato da casa, delle ciacole con le amiche, della partita a briscola, del vociare dei fioi, del frinire delle cicale.
Tutto è perfetto.
Fino  alle 14,10.
Il cielo blu, il sole, il mare, le ciacole, le voci dei bambini, il frinire delle cicale… e uno scoppio spaventoso: e il cielo diventa nero, il mare è rosso di sangue, non si ciacola più, si urla, i bambini non giocano più, e non si gioca più a briscola e le cicale non friniscono più!
Anita non fa in tempo ad entrare in acqua per la tociada.
È cambiato tutto.
Vista dall’alto, da quel cielo prima blu, Vergarolla sembra un formicaio, scoperto all’improvviso: le formiche corrono impazzite da tutte le parti, in tutte le direzioni, senza un senso, senza capire.
Ma le formiche sono uomini donne bambini che corrono terrorizzati.
Tutti si cercano.
Mamme nonne zie cercano i loro fioi.
Erano in acqua, erano vicini a quelle “robe” luccicanti, troppo vicini.
Erano…ora non ci sono più.
Non ci sono più Renzo Carlo Anita.
Renzo e Carlo non  torneranno più da mamma Jolanda e papà Geppino, non giocheranno, non litigheranno con i loro amici, non andranno a scuola, non diventeranno grandi.
Anita non tornerà più a casa, non darà più un bacio a mamma e papà al ritorno dal lavoro, non sorriderà più agli spettatori del cinema teatro “Sala Umberto” dando loro i biglietti.
Non dirà più “bon divertimento!”.
Sono le 14.10 del 18 agosto 1946.
Tutto è finito per i 64 corpi riconosciuti e assemblati come si poteva.
Tutto è finito per i 110 che non faranno mai più ritorno a casa.
Una certezza:  almeno 64 sono i morti, straziati dallo scoppio.
E gli altri 46 –  circa 46- dove sono finiti? Scomparsi o quasi.

Mamme papà fratelli nonni non hanno nemmeno il conforto e la sicurezza di sapere se i resti, messi alla rinfusa nelle casse, sono quelle dei loro figli fratelli nipoti. Sono irriconoscibili.  Alcuni a brandelli o polverizzati, come Renzo. Possono solo piangere sulla tomba.
Ma NON sono morti a Vergarolla.
Ma non si sa da chi sono stati uccisi.
Ma si sa che sono nati , oramai tanti molti anni fa… ma non sono morti a Vergarolla.
Abbiamo la loro data di nascita, ma non esiste quella della loro scomparsa.
Quei bambini,  anche piccolissimi, di tre anni, non sono mai diventati adolescenti…uomini o ragazze…donne.
Non hanno più giocato, non sono mai andati a scuola, non si sono scazzottati tra loro, non si sono innamorati, non hanno più amato, non hanno più vissuto.

Anita è nata il 14 dicembre 1909 ed è morta il 18 agosto 1946.

Di Carlo, di Sergio Vivoda – otto anni – sappiamo le date di nascita e che sono morti il 18 agosto 1946, i corpi dilaniati dalle bombe.

E Renzo? 

E gli altri 45?

Sappiamo che sono nati…ma ufficialmente non sono tra i morti di quel giorno.

Il 18 agosto 1946 sono morti o spariti in 110.

Nelle loro famiglie il lutto continua ancora e mai finirà. 

Tutti noi siamo ancora in lutto.

Dalle 14.10 del 18 agosto 1946 Pola e l’Istria intera hanno capito che tutto è finito. 

Pola e l’Istria hanno deciso:

BISOGNA SCAMPAR.

La stessa decisione è maturata a Fiume e in Dalmazia.

L’incertezza su tanti fatti ha accompagnato, accompagna e accompagnerà sempre gli esuli.

Eccone una. 

Non sappiamo e mai sapremo quanti sono stati gli esuli. 

E oggi in quanti siamo?

Ma TUTTI, quelli che non ci sono più – e sono la maggioranza – e quelli ancora in vita, e potremmo essere 10.000, 100.000… 350.000 – siamo tutti convintamente certi che Vergarolla è stata fatale, che quella strage ha deciso per tutti noi.

E tutti noi convinti – finalmente ancora una certezza – che scampar era l’unica soluzione da prendere, per continuare ad essere liberi, italiani e liberi di esserlo.

Letto su Fb:

Io sono un profugo, uno dei tanti,

Esule sono partito, con null’altro di proprio,

mie solo do lagrime, una per ocio…

In memoria di Renzo Carlo Anita Sergio e gli altri 106 ( circa ).

Anna Maria Crasti

*”Nasce il 20 Aprile 1941 ad Orsera, dalla madre Benedetta Quarantotto (15 novembre 1914) e dal padre Giovanni Crasti (2 luglio 1913). Nel 1944 nasce sua sorella Franca e dopo l’esodo a Trieste suo fratello Giuseppe (1947). Il 26 novembre 1946 il padre e lo zio Giuseppe vennero arrestati in quanto considerati “nemici del popolo”, lo zio fu rilasciato il giorno dopo invece il padre dovette soffrire per altri 40 giorni. Nel febbraio del 1947 Giuseppe e Giovanni riescono a scappare a Trieste. Nel marzo dello stesso anno Annamaria con la mamma fuggono via mare e la famiglia Crasti è di nuovo riunita a Trieste. Nel giugno dello stesso anno sembra che ci sia la possibilità per gli italiani di rientrare in Istria, così Annamaria torna a casa dalle nonne. Ma per riabbracciare i genitori dovrà attendere un anno. I titini non le permettono di andare in Italia fino al giugno 1948, lei frequenterà la prima elementare come uditrice.
Il padre riuscirà grazie a forza d’animo, inventiva e disponibilità economica a fondare una società di servizio di trasporti, per anni guiderà un camion tra Trieste e Bari per le strade bombardate in
seguito alla guerra .Il 10 maggio del 1962, purtroppo, il padre perde la vita in un incidente stradale e da quel momento Annamaria a soli 20 anni prenderà in mano le redini dell’azienda di famiglia. Si
sposerà con Claudio Fragiacomo, con cui avrà due figli. Nel 2015 dalla Mongolia arriverà un nipotino: Luca. Parte della sua vita è ora dedicata non solo all’approfondimento della storia di queste zone d’Italia e alla riscoperta delle sue radici, ma soprattutto alla testimonianza alle nuove generazioni (e
non solo) di cosa siano state e siano ancora oggi le vicende istriane, giuliane e dalmate.