“Non date per persa la foresta. Non è soltanto quella che vedete bruciare nei notiziari. L’82% del suo territorio è vivo, reale”. Sono parole di Sebastião Salgado, il fotografo brasiliano tra i più importanti al mondo, in mostra alla Fabbrica del vapore di Milano, dal 12 maggio al 19 novembre, con Amazônia. L’esposizione, curata da Lélia Wanick Salgado, compagna di vita dell’artista, si dipana attraverso più di duecento foto; ad accompagnare la visione la traccia audio composta appositamente da Jean Michel Jarre e ispirata ai suoni autentici della foresta (il fragore delle cascate, lo stormire degli alberi, i versi degli animali).
Le foto paesaggistiche della foresta amazzonica brasiliana sono collocate lungo tutto il perimetro della grande sala, cingendo, quasi a proteggerlo, il nucleo costituito dai ritratti delle popolazioni native (Awà-Guajà, Yanomami, Zo’è).
A dominare il bianco e nero potente, tragico, evocativo, suggestivo: “Nelle fotografie a colori c’è già tutto. Una foto in bianco e nero invece è come un’illustrazione parziale della realtà. Chi la guarda, deve ricostruirla attraverso la propria memoria che è sempre a colori, assimilandola a poco a poco. C’è quindi un’interazione molto forte tra l’immagine e chi la guarda. La foto in bianco e nero può essere interiorizzata molto di più di una foto a colori, che è un prodotto praticamente finito”.
Salgado gioca, descrive, plasma con la luce; la foresta vi è rappresentata in tutta la sua magnificenza: la bellezza prepotente, la forza incontenibile, l’incanto misterioso. I ritratti si caratterizzano per la fierezza e il coraggio, da essi traspare la profonda empatia del fotografo per il genere umano: “La forza di un ritratto è che, in quella frazione di secondo, si coglie un po’ la vita della persona che si fotografa. Quando fai un ritratto non sei solo tu che fai la foto, la persona ti offre la foto”.
Le popolazioni native vivono in una perfetta simbiosi con la foresta, ne custodiscono la bellezza, ne preservano l’esistenza, ne tutelano il delicato equilibrio, messi costantemente a dura prova da uno sfruttamento intensivo da parte del mondo occidentale, in cui trionfa costantemente la bieca e cieca logica del profitto.
Questa mostra appaga la vista e stimola l’intelletto: la consapevolezza e l’assunzione della responsabilità da parte di ciascuno di noi non sono più procrastinabili.
Sebastião Salgado, con le sue foto, continua a fare denuncia, a suscitare riflessioni e a smuovere coscienze. La sua lotta si concretizza: insieme a sua moglie Lélia Wanick, decide di riforestare un angolo brullo e arido nella Vale do Rio Doce, dove, in poco più di venti anni, sono stati piantati oltre tre milioni di alberi, con l’intento di rigenerare il suolo e la biodiversità.
“Gli alberi sono i capelli del nostro pianeta. Quando c’è pioggia in un luogo senza alberi, in pochi minuti, l’acqua arriva nei torrenti, portando terriccio, distruggendo le nostre sorgenti, distruggendo i fiumi, e non c’è umidità da trattenere. Quando ci sono alberi, il sistema di radici trattiene l’acqua. Questa è la cosa più importante, se pensiamo che ci serve l’acqua per ogni attività della nostra vita”.