di Pippo Gallelli
Dove il mondo dovrebbe fermarsi per celebrare la Domenica delle Palme — il giorno che annuncia la speranza e la riconciliazione — si è consumato, invece, uno dei capitoli più cupi e tragici di queste guerre senza volto e senza fine.
A Gaza, l’Ospedale Battista Al Ali è stato bombardato nella notte dalle forze israeliane. Una struttura sanitaria ridotta a macerie, mentre all’interno medici e infermieri cercavano disperatamente di mettere in salvo malati e feriti, dopo che l’esercito israeliano aveva ordinato l’evacuazione della zona. Durante l’evacuazione, il dramma si è compiuto: un bambino, già ferito in precedenza, è morto mentre veniva spostato fuori dall’ospedale. L’ennesima vita spezzata, l’ennesima vittima innocente di una guerra che non sembra risparmiare nessuno, nemmeno chi giace su un lettino da ospedale.
Le immagini che arrivano da Gaza — tra tende bruciate e barelle abbandonate sotto il cielo nero di fumo — non lasciano spazio a dubbi. Non è la prima volta che i presidi medici finiscono nel mirino: già Al Shifa, Khan Younis, Kamal Adwan e l’ospedale indonesiano erano stati colpiti, contribuendo a cancellare gli ultimi baluardi di umanità in una città ormai devastata.
Una notizia che giunge mentre non si è ancora spento l’eco dell’agghiacciante attacco di Rafah, dove quindici paramedici della Mezzaluna Rossa Palestinese sono stati uccisi, in quello che appare come un attacco deliberato contro mezzi di soccorso — protetti dalla Convenzione di Ginevra — da parte dell’esercito israeliano. A confermare la natura premeditata dell’attacco c’è un video girato da uno dei soccorritori, poco prima di essere ucciso. I corpi delle vittime sono stati successivamente gettati in una fossa comune. Tel Aviv, come spesso accade, si è limitata ad annunciare “l’apertura di un’indagine”.
Nel frattempo, a migliaia di chilometri di distanza, anche l’Ucraina ha vissuto la sua Domenica delle Palme insanguinata. Un attacco missilistico russo ha colpito la città di Sumy, nel nord-est del Paese, causando “molti morti”, secondo quanto riferito dal sindaco Artem Kobzar. Un attacco mirato, lanciato in una giornata simbolica, che ha colpito civili inermi, gettando nel dolore famiglie e comunità. Anche il capo dell’ufficio presidenziale ucraino, Andriy Yermak, ha confermato l’elevato numero di vittime, mentre il Centro per la lotta alla disinformazione ucraino ha sottolineato come l’attacco sia stato deliberatamente sferrato proprio nella Domenica delle Palme, con l’intento di massimizzare la sofferenza e il numero di morti.
Due teatri di guerra, due massacri consumati nello stesso giorno. Due popoli diversi, un’unica tragedia.
In questa Domenica che doveva essere dedicata alla pace, il mondo ha assistito all’ennesima dimostrazione di quanto la vita umana sia diventata sacrificabile nei calcoli della guerra, nella logica dei missili e nelle pieghe della diplomazia ipocrita.
È tempo che la comunità internazionale smetta di voltarsi dall’altra parte, scrollandosi di dosso l’abito elegante delle “preoccupazioni” e indossando finalmente la dignità di chi ha il coraggio di fermare questa mattanza. Prima che le prossime Palme si trasformino, ancora una volta, in una croce.