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Trump senza freni, nel mirino Groenlandia, Topolino e le politiche inclusive

di Pippo Gallelli

L’arte del governo e della diplomazia imporrebbe toni misurati e prudenza nelle dichiarazioni. Ma per il presidente americano Donald Trump le regole del gioco, per usare un eufemismo, sono diverse. Il suo approccio alla comunicazione è una valanga di dichiarazioni improbabili e minacce provocatorie, una strategia che sembra mirare a rendere normale l’incredibile. Ci si chiede se tutto questo sia frutto di una studiata e sottile linea comunicativa o, sempre parlando per eufemismi, di scomposta bizzarria.

“Otterremo la Groenlandia, al 100%”, ha dichiarato Trump in un’intervista a NBC, spiegando che ci sono “possibilità” che gli Stati Uniti la prendano “senza la forza militare”, ma “nulla è escluso”. Lo ha detto con la sicurezza di chi tratta gli affari internazionali come una trattativa immobiliare. La Danimarca, a quanto pare, non è stata consultata e si è chiaramente capito che ai diretti interessati, i groenlandesi, la cosa non va proprio giù. Ma per il presidente USA poco importa: se non la ottiene diplomaticamente, resta sul tavolo l’opzione “forza militare”.

Nella stessa intervista Trump ha ribadito fiducia nel suo consigliere alla Sicurezza nazionale Mike Waltz, finito nella bufera per il chatgate. “Non licenzio nessuno a causa delle fake news e di una caccia alle streghe”, ha detto il presidente, dichiarando di “non avere idea” di cosa sia Signal: “Non so cosa sia e non mi interessa. Tutto quello che posso dire è che è solo una caccia alle streghe”: il chatgate è “l’unica cosa di cui i media vogliono parlare perché non hanno altro”. In effetti, da quando c’è, sempre si fa per dire, le notizie non mancano e guai a parlare di fake news, queste sconosciute.

Parallelamente, Trump prosegue la sua crociata contro la “woke culture”. Un ordine esecutivo impone il divieto di programmi di diversità, equità e inclusione non solo in patria, ma anche alle aziende europee che collaborano col governo americano. Le ambasciate USA hanno recapitato lettere a grandi imprese europee, chiedendo di certificare la conformità all’ordine esecutivo o di fornire giustificazioni dettagliate che saranno inoltrate all’ufficio legale.

La Francia ha risposto definendo l’iniziativa “un’ingerenza inaccettabile”, ma Trump non sembra preoccupato. A suo avviso, la diplomazia tradizionale è superata: meglio imporre che negoziare.

Nel frattempo, la Federal Communications Commission ha avviato un’indagine su Walt Disney per presunte violazioni delle norme governative contro le politiche inclusive. In questo nuovo corso, persino Topolino sembra un bersaglio politico.

Tutto sembra far parte di una strategia: sparare dichiarazioni roboanti e assurde fino a renderle accettabili. Un metodo per normalizzare l’incredibile e spostare sempre più in là il limite di ciò che sembra possibile. E così, ora si discute seriamente di un’America con 51 stati, di resort tra i ghiacci e di un Topolino sotto inchiesta.

L’improbabile si fa reale. E nessuno sembra più stupirsi. Ci sarebbe materiale per una commedia svitata stile anni ’80, se non fosse che tutto questo avviene alla guida di quella che è considerata la più grande democrazia del mondo.