di Pippo Gallelli
Quando Donald Trump ha giurato per la seconda volta come presidente degli Stati Uniti il 20 gennaio, nella platea c’era un parterre d’eccezione: Elon Musk, Jeff Bezos, Mark Zuckerberg, Sergey Brin e Bernard Arnault. Tutti pronti a scommettere sulla nuova era dorata del tycoon. Peccato che, sette settimane dopo, l’unico oro rimasto sia quello nei caveau della Federal Reserve.
Secondo il Bloomberg Billionaires Index, i cinque supermiliardari hanno visto svanire un totale di 209 miliardi di dollari in poco meno di due mesi. Musk, il più colpito, ha perso 148 miliardi di dollari, un patrimonio che farebbe impallidire persino Zio Paperone. Bezos ha lasciato sul campo 29 miliardi, Brin 22 miliardi, mentre Zuckerberg e Arnault se la cavano con perdite più “modeste” di 5 miliardi ciascuno. In pratica, i grandi sostenitori della nuova amministrazione si ritrovano improvvisamente più “poveri” (si fa per dire).
Il motivo? L’S&P 500, che dopo l’elezione di Trump aveva brindato con record su record, ha invertito la rotta, perdendo il 6,4% nei primi 50 giorni di presidenza. Il Nasdaq Composite ha fatto anche peggio, crollando dell’11%, mentre il Dow Jones ha subito una flessione del 3,6%. Insomma, la borsa ha smesso di credere nel miracolo trumpiano ancora prima che i primi provvedimenti economici venissero messi nero su bianco.
A peggiorare la situazione, la nuova guerra commerciale con il Canada, annunciata il 3 marzo con l’introduzione di nuovi dazi, ha dato il colpo di grazia a un mercato già nervoso. Il giorno stesso, l’S&P 500 ha perso l’1,8%, il Nasdaq-100 è crollato del 2,6% e, nel giro di tre giorni, Wall Street ha bruciato quasi tutti i guadagni accumulati dal novembre 2024.
La Tesla di Musk, che nelle settimane post-elezioni aveva guadagnato il 98%, ha subito una brusca retromarcia, trascinando con sé il patrimonio del suo eccentrico fondatore. Amazon ha lasciato sul terreno il 14%, facendo evaporare decine di miliardi dalle tasche di Bezos, mentre Alphabet (Google) ha visto le sue azioni scendere del 7% dopo risultati trimestrali deludenti e le pressioni del Dipartimento di Giustizia per la vendita di Chrome.
Ironie a parte, il vero problema è che l’economia americana sembra avvitarsi su se stessa da quando Trump è tornato alla Casa Bianca. La sua gestione imprevedibile e le sue scelte bizzarre stanno colpendo soprattutto i comuni mortali, mentre i tradizionali partner commerciali degli Stati Uniti iniziano a perdere la pazienza. Il braccio di ferro con Canada ed Europa sui dazi ha già prodotto le prime ritorsioni, con il rischio di una spirale protezionistica che potrebbe danneggiare irreparabilmente le esportazioni statunitensi e far aumentare il costo della vita per milioni di americani.
Insomma, quella che doveva essere l’era della grande rinascita economica si sta rivelando un incubo finanziario per i super-ricchi e un disastro per il cittadino medio. Forse i vari Musk e Bezos si consoleranno con un viaggio nello spazio, mentre Zuckerberg potrà sempre rifugiarsi nel metaverso. Ma una cosa è certa: il sogno di un’altra “età dell’oro” si sta trasformando in un vero e prorpio bagno di sangue per le tasche di miliardari e comuni mortali.