di Pippo Gallelli
Ci sono voci che non si dimenticano, perché più che raccontare eventi, hanno raccontato un’epoca. Bruno Pizzul, scomparso oggi all’età di 86 anni, non è stato soltanto un telecronista, ma una carezza per il calcio italiano, un suono familiare che accompagnava le domeniche pomeriggio, le notti mondiali, le partite della Nazionale con quella pacata eleganza che oggi sembra un’eco lontana. Pizzul è l’ultimo rappresentante di una generazione mitica di telecronisti italiani, ai quali per decenni era affidata la narrazione del calcio nazionale.
Nato a Udine l’8 marzo 1938, Pizzul è stato prima calciatore, vestendo la maglia dell’Udinese e di altre squadre di Serie C, prima che un infortunio lo costringesse ad abbandonare il calcio giocato. Laureatosi in Giurisprudenza, trovò la sua strada nel giornalismo sportivo, diventando la voce ufficiale della Nazionale italiana dal 1986 al 2002. Il suo stile inconfondibile e il suo garbo lo resero uno dei telecronisti più amati di sempre.
Nessun urlo scomposto, nessuna ricerca della spettacolarizzazione a tutti i costi. Pizzul narrava il calcio con il tono di chi, prima ancora di essere un giornalista, era un uomo di cultura e rispetto. La sua voce profonda, sobria, mai sopra le righe, rendeva ogni partita una cronaca da ascoltare con attenzione, senza bisogno di eccessi. Parlava al pubblico come si parla a un amico, con garbo e misura, lasciando spazio alle emozioni senza mai calpestarle.
Oggi la narrazione del calcio è profondamente cambiata. Il pallone sembra quasi schiacciato dal peso dello spettacolo a tutti i costi, e i telecronisti non sono più “one man show”, ma affiancati dagli opinionisti. In queste mutazioni, il ricordo di Pizzul si fa ancora più dolce, ancora più prezioso.
Le sue telecronache non avevano bisogno di effetti speciali. Bastava la sua voce, con quel leggero accento friulano, a trasmettere passione e competenza. Le sconfitte azzurre erano raccontate con malinconia composta, le vittorie con misura, senza mai cedere all’enfasi gratuita. Il suo era un calcio raccontato con rispetto, per il gioco e per chi lo ascoltava. Quel calcio che aveva il sapore delle domeniche di una volta, quando il telecronista non voleva essere protagonista, ma solo il tramite tra il campo e il tifoso.
Bruno Pizzul era il calcio raccontato con eleganza, con la leggerezza di chi sapeva che le emozioni non hanno bisogno di essere urlate per arrivare dritte al cuore. E per questo, oggi lo salutiamo con gratitudine e affetto, certi che la sua voce continuerà a risuonare nella memoria di chi ha avuto il privilegio di ascoltarla. Grazie, Bruno, per aver dato al calcio italiano una voce che resterà per sempre.
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