Società

“Sei una scimmia!” – Insulto razzista sugli spalti del basket giovanile, tra rabbia e riflessioni

di Pippo Gallelli

Un episodio grave e vergognoso, ripreso in un video divenuto virale in poche ore, richiama l’urgenza di affrontare un disagio culturale profondo. Durante una partita del campionato Under 17 femminile tra Happy Basket Rimini e Nuova Virtus Cesena, una madre ha urlato un insulto razzista a una giovane giocatrice riminese: “Sei una scimmia!”

La reazione della ragazza (in foto il fotogramma del video tratto dal web) è stata immediata e comprensibile: ha scavalcato le transenne per affrontare l’autrice dell’offesa. Un gesto che le è costato l’espulsione dal campo, come previsto dal regolamento. L’intera scena, ripresa dal responsabile tecnico di Insegnare Basket Rimini – presente sugli spalti per seguire la figlia (anch’essa giocatrice) – non ha lasciato dubbi sulla gravità dell’accaduto.

Le reazioni di condanna sono state immediate. Happy Basket Rimini ha sporto denuncia ai carabinieri, mentre Nuova Virtus Cesena ha espresso profondo rammarico: “Siamo mortificati e comprendiamo quanto l’insulto abbia ferito la giocatrice. Prenderemo provvedimenti per evitare che episodi simili si ripetano.”

Nel tentativo di giustificarsi, la donna ha dichiarato: “Non era per razzismo, mi è uscito”. Tuttavia, ora rischia una denuncia sia in sede sportiva che penale.

Questo episodio impone una riflessione urgente. Lo sport dovrebbe essere un luogo di inclusione e rispetto, ma vicende come questa dimostrano quanto sia ancora lunga la strada verso una vera cultura del rispetto. Gli spalti, che dovrebbero essere spazi di sostegno e condivisione, diventano talvolta teatri di comportamenti inaccettabili, spesso alimentati da adulti incapaci di dare il buon esempio.

Non si può ignorare l’influenza negativa dei social media, che amplificano linguaggi violenti e discriminatori, abbassando la soglia di attenzione verso fenomeni come il razzismo. La retorica dell’odio trova terreno fertile, alimentata anche da narrazioni politiche che cavalcano le insicurezze dei cittadini.

Condannare episodi come quello di Rimini è un dovere, ma non basta. Serve un impegno educativo che coinvolga famiglie, scuole, società sportive e istituzioni. Lo sport può e deve essere un veicolo di valori positivi, ma solo se tutti gli attori lavorano per promuovere inclusione, rispetto e consapevolezza.