Cultura

“Al progredire della notte”, al cinema tra inconscio, spazi liminali e horror

Dal 21 gennaio al cinema l’opera seconda del regista Davide Montecchi “Al progredire della notte” con Lilly EnglertLucia VasiniPier Sandro FreglioIoana Laura Jitariuc.   Il film è prodotto Meclimone Produzioni Cinematografiche e sostenuto da Emilia Romagna Film Commission.

Qual è stata l’ispirazione principale dietro la storia di “Al progredire della notte”? Come sono nate l’idea della trama e l’ambientazione?
Ci sono state diverse ispirazioni, accumulate durante gli anni, che si sono poi riunite per questo progetto. La principale è stata un’esperienza personale, un corso di sopravvivenza frequentato alcuni anni fa. Passare la notte nel bosco, da solo, è stata una esperienza abbastanza inquietante… e mi è sembrata una bella idea per un film pauroso.
L’altra grande ispirazione è stata la metafonia, quella tecnica che permetterebbe di metterci in contatto con gli spiriti dei morti. Avevo letto tempo fa Allan Kardec e le sue ricerche sullo spiritismo, e la metafonia mi è sembrata una curiosa attualizzazione di quelle tematiche.
Altra ispirazione è stata data da Tresigallo, un paese vicino a Ferrara, che sembra la materializzazione di
un quadro metafisico di De Chirico. Un posto bellissimo, incantato, fermo in una dimensione atemporale. Mi era sembrato perfetto per ambientarci un film. E così, mettendo insieme queste tre influenze principali, più tante altre che sono arrivate col tempo, pezzo dopo pezzo, si è formata la storia.

Il film è descritto come un “racconto di formazione oscura”. Può spiegarci meglio cosa significa questo concetto e come viene esplorato nel film?
Il film racconta la storia di Claudia, una ragazza talentuosa ma insicura, bloccata in una vita che non sente pienamente sua. I suoi problemi derivano dal rapporto conflittuale con la madre, una donna affettuosa ma afflitta da un’ansia patologica, che utilizza i sensi di colpa per manipolare la figlia e costringerla a vivere vicino a lei, in una condizione di perenne adolescenza.
Questo “corso di sopravvivenza” a cui Claudia si è iscritta è la sua ultima possibilità, dato che lei è convinta che questa esperienza estrema possa aiutarla a sviluppare quei lati carenti del suo carattere e liberarsi finalmente dall’influenza di sua madre. Claudia otterrà quello che vuole, ma non nel modo in cui pensava…in questo il film, che segue lo sviluppo caratteriale di Claudia fino al momento del cambiamento definitivo, è un classico racconto di formazione…ma è ”oscura” perché il cambiamento in questo caso è affiato a forze occulte e misteriose.

Il film si ispira alle leggende popolari e al “gotico padano”. Quali aspetti culturali e narrativi di queste tradizioni ha voluto mettere in evidenza? E anche a Voci Notturne del buon Pupi Avati.
“Voci Notturne” è stata un’altra grandissima influenza. C’è un’atmosfera di mistero incredibile in quella serie, fin dall’inizio, quando ritrovano il cadavere nel Tevere…
c’è poi il tema delle “voci dei morti”, anche se trattato in maniera diversa, c’è una congrega di persone dedite allo studio dell’esoterismo e di strani rituali… insomma, tanto da cui lasciarsi rapire l’immaginazione. Eraldo Baldini, grande scrittore e saggista di Ravenna, è stato un’altra fonte di ispirazione: sia nelle sue storie che nei saggi dedicati al folclore e ai misteri della Romagna c’è una
vibrazione di fondo molto suggestiva, che ho cercato di replicare nella storia del film. Sicuramente volevo che si percepisse che il film è legato all’Emilia-Romagna, soprattuto a quelle zone misteriose del Delta del Pò, dove è credibile che tradizioni arcaiche e arcane possono sopravvivere anche nella nostra contemporaneità.

Come avete affrontato i limiti produttivi, come l’unità di tempo e luogo e il numero ridotto di personaggi, per trasformarli in punti di forza?
Mi piacciono moltissimo quei film ambientati in un’unica notte, in un unico luogo. Mi sembra che queste restrizioni, se ben affrontate, creino un incredibile senso di intimità, quasi come essere lì insieme ai personaggi del film, e vivere la storia con loro. Bisogna sforzarsi un po’ in fase di scrittura, in modo da rendere il tutto fluido, credibile e interessante, ma una volta ottenuta una buona sceneggiatura, si
risolvono molti problemi durante le riprese limitando gli attori e le location in cui girare. Ma in definitiva, oltre che una questione produttiva, è stata una scelta dettata dal gusto.

Il supporto di Emilia Romagna Film Commission è stato importante: come ha influito sulla realizzazione del progetto?
La Film Commission Emilia-Romagna è stata un partner fondamentale, innanzitutto per avere creduto e finanziato un progetto così particolare, poi per come ci ha agevolato prima e durante le riprese, interfacciandosi con le amministrazioni dei vari comuni dove abbiamo girato. Spero che il risultato finale
sia all’altezza delle loro aspettative.

Gli “spazi liminali” sono un concetto affascinante che il film esplora. Come ha integrato questa tendenza estetica e culturale nella narrazione visiva?
Il concetto di spazio liminale mi affascina da decenni, fin da quando facevo le scuole medie. All’epoca non sapevo si chiamassero così, ma insieme a un caro amico (Reg Mastice, autore tra l’altro della locandina del film) passavamo i pomeriggi incantati, rapiti dallo squallore disadorno di alcuni salotti, di alcuni parchi di divertimento abbandonati, da alcune schermate granulose di videogiochi dell’epoca…Componendo la storia, e scoprendo nel frattempo che quello che per noi era un interesse privo di una categoria specifica aveva invece un nome e una comunità di riferimento ben precisa, quella appunto degli amanti degli “spazi liminali” , mi è sembrato opportuno integrarli nella narrazione, rendendoli sia il luogo da dove provengono queste misteriose presenze, sia una rappresentazione tangibile dell’inconscio della protagonista.

Come pensi che il pubblico reagirà a questa combinazione di horror psicologico, spiritualità e formazione?
Spero che prima si spaventi e poi si chieda “Perché ho paura? Questa storia parla di me?”

Ci allontaniamo molto dalla realtà se affermiamo che l’inconscio nel tuo film può annoverarsi come uno dei protagonisti principali?
No, no, affatto. È lui, il protagonista di questa storia.