di Pippo Gallelli
Il disegno di legge che rende la maternità surrogata un “reato universale” è stato approvato in via definitiva dal Senato il 16 ottobre scorso e sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale lunedì 18 novembre. A quanto si apprende dalle agenzie di stampa, il testo è stato firmato dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, già lo scorso 4 novembre, prima della sua partenza per una visita di Stato in Cina. La nuova norma, destinata a sollevare dibattiti accesi sul piano nazionale e internazionale, segna un passaggio rilevante nella legislazione italiana in materia di bioetica e diritti civili.
Cosa prevede la legge sul “reato universale”? Il concetto di “reato universale” implica che una determinata condotta sia perseguibile penalmente non solo se commessa sul territorio nazionale, ma anche all’estero, indipendentemente dalle leggi del paese in cui avviene. In questo caso, chiunque – cittadino italiano o straniero – venga coinvolto in pratiche di maternità surrogata al di fuori dei confini italiani, potrà essere perseguito dalla giustizia italiana.
La maternità surrogata, già vietata in Italia con la Legge 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita, era finora sanzionata esclusivamente quando realizzata entro i confini nazionali. Con questa nuova normativa, l’Italia amplia il proprio intervento in materia, rendendo perseguibile anche chi si reca all’estero per accedere a questa pratica o la promuove in qualsiasi forma.
Un passaggio legislativo così delicato ha dato vita nei mesi scorsi a un dibattito acceso. I promotori del disegno di legge hanno giustificato questa scelta come una misura per tutelare i diritti delle donne e prevenire lo sfruttamento del corpo femminile, spesso associato alle pratiche di surrogazione gestazionale. Secondo i sostenitori della norma, la maternità surrogata rappresenta una forma di “mercificazione della vita”, che rischia di trasformare il desiderio di genitorialità in una dinamica di mercato iniqua e potenzialmente coercitiva.
D’altro canto, le critiche non sono mancate. Diversi esponenti politici e associazioni per i diritti civili hanno sollevato perplessità, evidenziando il rischio di criminalizzare chi, mosso dal desiderio di avere un figlio, si affida a questa pratica in paesi dove essa è regolamentata e considerata lecita. Alcuni commentatori temono che la norma possa generare un conflitto di competenze giuridiche con altri stati e complicare ulteriormente le situazioni familiari, ad esempio nei casi in cui bambini nati con questa tecnica all’estero siano poi introdotti in Italia.
Un contesto internazionale complesso
La legge, che fa dell’Italia uno dei pochi paesi a prevedere una simile forma di perseguibilità globale, si inserisce in un dibattito internazionale complesso. In molti stati, la maternità surrogata è regolamentata in modo diverso: in alcuni è vietata (come in Germania e Francia), mentre in altri è permessa e regolamentata (ad esempio negli Stati Uniti, in Canada e nel Regno Unito).
L’approccio italiano pone dunque interrogativi sull’interazione con i sistemi giuridici esteri e sulla protezione delle persone coinvolte, sia le donne che prestano il proprio corpo per portare avanti una gravidanza, sia i genitori intenzionali e i bambini nati attraverso questa pratica.
La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, prevista per lunedì 18 novembre, segnerà l’entrata in vigore della legge. Mentre il dibattito continua a dividere l’opinione pubblica, la normativa solleva riflessioni sul delicato equilibrio tra i diritti individuali, la bioetica e la tutela dei più vulnerabili.
Foto di fernando zhiminaicela da Pixabay