La ricerca condotta dal team coordinato da Giuseppe Lucio Gaeta con Francesco Gaglianese e Veronica Notaro, offre uno sguardo profondo sulla rinascita di Bova, una cittadina calabrese dalla ricca storia e cultura. Questo studio analizza il sistema socio-territoriale di Bova, identificando i fenomeni chiave e gli interventi pubblici che hanno contribuito al suo sviluppo. Il team ha esplorato ogni aspetto della rinascita di Bova, dalla sua storica vulnerabilità alle calamità naturali alla riscoperta della sua bellezza e cultura unica. Attraverso una combinazione di studio della letteratura, raccolta dati e lavoro sul campo, questa ricerca rivela come la collaborazione tra attori locali e istituzioni esterne abbia trasformato Bova in un modello di sviluppo sostenibile e turistico, rallentando il declino demografico e migliorando la qualità della vita degli abitanti.
Avete dato vita ad una ricerca che parla di speranza. Potete presentare brevemente il vostro team e il progetto a cui avete dato vita?
La ricerca è uno dei tre esercizi di valutazione basati sull’ approccio REVES che tra il 2022 e il 2023 sono stati realizzati sotto la responsabilità del Nucleo di valutazione e analisi per la programmazione (NUVAP) del Dipartimento per le Politiche di Coesione (DPCoe) della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
REVES propone analizzare un sistema socio-territoriale, individuare i fenomeni che secondo i principali attori locali lo caratterizzano maggiormente ed esaminare gli interventi pubblici che hanno interessato questi fenomeni e/o l’operato degli attori locali. Ne risulta una sorta di valutazione “al contrario”, al revés, in cui gli esiti delle politiche pubbliche sono considerati a partire da un territorio e dalle istanze di chi lo abita.
Nel nostro caso, il focus territoriale era sulla cittadina di Bova, in Calabria. Il nostro team era composto da Giuseppe Lucio Gaeta, che insegna Scienza delle Finanze all’Università di Napoli L’Orientale e ha agito come coordinatore della squadra, Francesco Gaglianese, esperto di processi di sviluppo locale e Veronica Notaro, ricercatrice e valutatrice esperta di strumenti d’indagine quali-quantitativi.
Vi pregherei di raccontarci l’importanza di Bova nella storia della Calabria, sia nel passato che come modello a cui ispirarsi per il futuro
Bova si trova nella parte più meridionale della Calabria, a sud-est di Reggio Calabria, da cui dista circa 60 km. Si situa in una subregione che è denominata Grecanica (o Bovesia), perché vi resistono una lingua (il grecanico), usi e costumi riconducibili al mondo greco antico. La cittadina gode di una posizione bellissima e strategica, a circa 900 metri di altitudine sulle pendici dell’Aspromonte e affacciata sul mare. Grazie a questa dislocazione, in passato Bova è stata un importante snodo commerciale e sede di istituzioni religiose (il vescovado) e statali (prefettura). Lo scrittore ed illustratore inglese Edward Lear, nel suo viaggio a piedi nell’Italia meridionale a metà ‘800 , la descrive come luogo iconico.
La storia di questa cittadina è segnata da numerose calamità naturali (alluvioni e terremoti) che ne hanno messo a dura prova l’esistenza. In diverse circostanze, a inizio ’900 e poi a partire dagli anni ’70, si è addirittura parlato di trasferimento dell’abitato sulla costa. Anche la straordinaria specificità culturale di Bova è stata a rischio: l’uso del grecanico è stato avversato e addirittura proibito durante il periodo fascista e, a partire dal dopoguerra, chi lo parlava veniva frequentemente etichettato come persona ignorante e stolta.
A partire dal dopoguerra e fino agli anni ’80, Bova e tutta la Grecanica hanno sperimentato un lungo inesorabile declino d’immagine (l’Aspromonte era principalmente identificato come terra dei sequestri), economico e demografico. È a partire da quel momento che la riscoperta della bellezza del borgo antico, della natura che lo circonda e della straordinarietà della cultura locale (nel frattempo difesa e promossa prima dagli studi del linguista tedesco Rohlfs e poi da un manipolo di valentissimi studiosi e attivisti locali) sono diventati gli elementi chiave di una nuova visione di sviluppo del territorio, imperniata sul turismo lento e sull’accoglienza diffusa nelle case degli abitanti.
Il modo in cui si è formata e concretizzata questa visione costituisce un caso studio estremamente interessante per la Calabria e, più in generale, per gli studiosi e i practictioners delle politiche di sviluppo locale.
Secondo una sorta di legenda, l’idea di un rilancio di Bova in chiave turistica nasce quando alcuni giovani e intraprendenti abitanti della cittadina incontrano, in maniera casuale, un gruppo di affamati escursionisti, impegnati in una pioneristica camminata sui sentieri dell’ Aspromonte, promossa da un illuminato accademico di Reggio Calabria, Alfonso Picone Chiodo. Molto probabilmente questo incontro è avvenuto davvero. Ed è presumibilmente vero che senza quell’ avventuroso ricercatore e quei giovani capaci e volenterosi Bova non avrebbe intrapreso il proprio percorso di rinascita.
Tuttavia, per tradurre quell’incontro in una visione strutturata di sviluppo e per elaborare una strategia volta a perseguirla, sono stati determinanti più fattori che la nostra ricerca ha provato a individuare e raccontare. Tre ci sono sembrati fondamentali: 1) il contributo di diversi attori “esterni” alla cittadina che hanno studiato questo luogo con sguardo “altro” e ha messo a disposizione di Bova competenze capacitanti, non disponibili in loco; 2) Ia propensione degli attori locali (istituzionali e non) a operare seguendo una prassi di confronto, anche acceso, e di cooperazione, manifestandosi come una sola coalizione locale in grado di mantenere un’agenda condivisa, basata su una solida visione; 3) le risorse finanziarie pubbliche messe a disposizione da attori locali e regionali oltre che dalle politiche multilivello per la coesione.
Tra il 2000 e il 2023 l’amministrazione cittadina è stata protagonista di progetti che hanno attratto oltre 20 milioni di euro di finanziamenti pubblici. Questi finanziamenti hanno permesso di realizzare un set di opere con più finalità tra loro coerenti: consolidamento e riqualificazione dell’edilizia del borgo, miglioramento delle infrastrutture di base, promozione e sostegno dell’imprenditorialità nel settore turistico, valorizzazione del patrimonio culturale materiale e immateriale.
Nel tempo, tutto questo ha permesso a Bova di diventare un’ apprezzata meta per turisti, soprattutto stranieri, interessati a esperienze immersive nella natura e nella cultura locale. Questo successo non ha arrestato la dinamica di spopolamento ma pare averla rallentata. Di certo, quanto fatto ha consentito di migliorare la qualità della vita degli abitanti (nel 2019 Bova ha un indice di vulnerabilità sociale più basso sia rispetto all’area di riferimento che all’intera provincia di Reggio Calabria) e di conseguire numerosi riconoscimenti (per esempio, Borgo più bello d’Italia e Bandiera Arancione), ripristinando, al contempo, la leadership di Bova nell’area.
Insomma, la storia di Bova ci racconta di elementi che appaiono cruciali nel determinare buone performance delle strategie territoriali ed esiti positivi anche in condizioni estremamente difficili.
Come vi siete organizzati con tutto il lavoro da fare per scrivere la vostra ricerca? Che strategie avete adottato per portarlo avanti?
Il lavoro si è articolato in tre linee di attività parzialmente sovrapposte. In primo luogo, abbiamo recuperato ed esaminato tutta la letteratura esistente sul caso di Bova: volumi e articoli scientifici, contributi giornalistici, materiale presente online. Su Bova, soprattutto sulla sua storia, si sono scritte molte cose, tutte estremamente interessanti e utili per il nostro lavoro.
Poi abbiamo iniziato una lunga e complessa attività di raccolta di dati relativi alle politiche pubbliche che avevano in qualche modo interessato la cittadina. Soprattutto, ci siamo imbarcati in un lavoro di ricostruzione dei finanziamenti pubblici che hanno riguardato Bova. Questa parte del lavoro si è rivelata più complessa di quanto ci attendevamo.
A tutto questo lavoro desk si è poi affiancato il lavoro sul campo. Abbiamo esplorato la cittadina, visitato le bellezze del suo patrimonio storico e culturale, parlato con i suoi amministratori e abitanti, individuato uno per uno tutti gli interventi infrastrutturali e sull’edilizia realizzati con l’impiego di finanziamenti pubblici che avevamo censito. Infine, abbiamo fatto numerose interviste con tutti protagonisti della storia: tutti i presidenti dell’Ente Parco, i direttori e i Presidenti del GAL area grecanica e i sindaci, i ricercatori universitari che hanno studiato ed esplorato il luogo, senza dimenticare gli operatori economici, i rappresentanti delle associazioni.
L’avanzamento del nostro lavoro è stato seguito dal gruppo di coordinamento nazionale delle valutazioni locali, di cui facevano parte Laura Tagle e Serafino Celano e, per la parte tecnica, Alessandra Esposito e Stefano Ghinoi oltre a Giuseppe, che era anche coordinatore del nostro team. Infine, la prima bozza del nostro rapporto di ricerca è stata commentata da uno steering group composto da esperti di valutazione delle politiche pubbliche
Nel percorso di riqualificazione di Bova entrano in campo molti enti tra gli altri il WWF, il Parco d’Aspromonte e il GAL Area Grecanica. Che ruolo ha avuto ogni protagonista di questa storia? E Come hanno gestito la formazione e il coinvolgimento della comunità locale in questo processo?
Il contributo di questi attori è stato cruciale. Hanno permesso agli abitanti di Bova di guardare al territorio con uno sguardo “altro” e hanno portato competenze che hanno permesso alla popolazione locale di intravedere possibilità che probabilmente sarebbe stato difficile cogliere in totale autonomia.
Lo sviluppo di un piano per il turismo lento, per esempio, prende le mosse da un progetto finanziato dal WWF (progetto Cadispa) che, al termine di un percorso di formazione sul tema della sostenibilità , ha commissionato un report per lo sviluppo del territorio incentrato sull’ospitalità diffusa, concetto alla base dell’idea imprenditoriale dei giovani di Bova.
Il Parco dell’Aspromonte, all’epoca appena costituito, ha finanziato lo svolgimento a Bova di parte di un Master universitario promosso da più Atenei. All’interno del master era previsto il VUP – Villaggio Universitario Pilota, uno stage residenziale di 2-3 mesi da svolgersi a Bova prima dell’estate o in autunno. Il VUP prese la forma di un vero e proprio laboratorio di sviluppo locale che supportò l’amministrazione nell’individuare le linee di finanziamento che potessero riqualificare il borgo. La presenza di questi stage residenziali, che si susseguirono in diverse edizioni, contribuì a dare una spinta verso una diversa visione di sviluppo del territorio
L’Università Mediterranea di Reggio Calabria ha studiato il borgo e la sua cultura ed elaborato un modello di restauro del patrimonio edilizio che il Comune ha cristallizzato in un proprio regolamento.
Il Gruppo di Azione Locale (GAL) ha sostenuto e valorizzato il modello di sviluppo turistico. Ha formato i giovani e sostenuto le loro le idee imprenditoriali; inoltre, ha avuto un ruolo fondamentale nel coinvolgere la comunità attraverso gli animatori territoriali che supportarono i processi partecipativi e programmarono le azioni in maniera sinergica con gli altri attori territoriali.
Qual è stato il ruolo dell’Università di Architettura nel progetto di riqualificazione di questa area che sembrava essere destinata all’abbandono? E cos’è la Casetta Grecanica?
Sotto la direzione scientifica di Edoardo Mollica, professore di estimo e valutazione economica, il dipartimento di Patrimonio, Architettura e Urbanistica (PAU) dell’Università di Reggio Calabria avviò nel 2001 un cantiere scuola per il recupero sperimentale della “casetta grecanica”, con l’intento di costituire un prototipo delle corrette modalità di recupero conservativo del centro storico. Questa casetta, situata nelle vicinanze dell’edificio comunale e rappresentativa dell’edilizia storica di Bova, venne ricostruita con materiali locali, sperimentando metodi costruttivi e di recupero edilizio che valorizzassero alcuni elementi architettonici primigeni della Grecanica, nel rispetto delle esigenze di adeguamento sismico. Lo studio pilota di riqualificazione della casetta vide, oltre alla partecipazione di ricercatori e studenti coinvolti in attività di stage residenziali, il coinvolgimento dell’amministrazione comunale e della popolazione locale. La casetta grecanica recuperata divenne un modello da seguire per gli interventi di recupero, pubblici e privati, che avvennero negli anni a seguire.
Quanto è importante investire nelle risorse umane?
Amartya Sen affermava che una persona non può sapere se gradisce o meno la musica classica se non è mai stato educato al suo ascolto. Ecco, questo vale un po’ per tutto.
Nel caso di Bova, l’accesso a conoscenze e competenze extra locali ha permesso di formare e strutturare la visione di un futuro differente. Nei fatti, ha contributo in maniera decisiva a dare un futuro a questo luogo. Per esempio, come dicevamo, senza la formazione ricevuta con il progetto Cadispa, gli abitanti di Bova avrebbero fatto fatica a elaborare autonomamente il proprio piano di sviluppo turistico dell’area. Ancora, quando con uno degli abitanti di Bova dell’esperienza dei Master residenziali tenuti nella cittadina, ci ha detto “questi ragazzi del Master ci raccontavano delle loro esperienze in giro, ci hanno dato delle idee, una visione nuova”.
Quali sono ancora le sfide più urgenti che Bova deve affrontare, specialmente in termini di servizi come sanità e istruzione?
La battaglia contro lo spopolamento non è vinta e non può dirsi conclusa. La sfida più urgente è quella dei servizi, quei servizi che non dipendono dal Comune, ma che però fanno la differenza nel rendere vivibile un borgo di un’area interna. La scelta di vita in un borgo dipende dai servizi sanitari di base. L’esempio più banale è l’emergenza/urgenza. Sapere che l’ambulanza può arrivare in tempo utile e raggiungere un presidio ospedaliero in grado di offrire le cure adeguate fa la differenza tra la vita e la morte. Lo stesso vale per l’istruzione: presidi formativi di qualità e opportunità di scelta consentono il permanere dei giovani in loco. Se la scuola superiore ha un solo indirizzo o se i tempi per raggiungerla sono troppo elevati, ciò determinerà scelte di vita differenti. La SNAI (Strategia Nazionale Aree Interne) affronta queste problematiche pensando ad esempio a pratiche di telemedicina o all’uso delle nuove tecnologie per offrire formazione a distanza. Certo è che per sostenere le aree interne, e in particolare il percorso di Bova, investire nei servizi e dare risposte in tempi rapidi è fondamentale. La SNAI area grecanica è stata scritta nel 2015 ed ad oggi non è stata realizzata. I tempi di approvazione sono stati molto lunghi, ma i territori marginali hanno bisogno di risposte immediate.
Quali sono state le principali lezioni apprese da ognuno di voi riguardo questa esperienza di rinascita di Bova che potrebbero essere applicate ad altre comunità marginali?
Francesco: Quando penso a Bova mi viene in mente la canzone di Patti Smith “People have the power”:
“And the people have the power
To redeem the work of fools
From the meek the graces shower
It’s decreed the people rule”
Sogni folli in un posto marginale che attraverso le competenze e l’apporto umano divengono qualcosa di diverso. La storia che narriamo non è la storia di un borgo, è la storia di un luogo che è stato reso tale dalle persone che hanno creduto che quello potesse essere il loro presente e il loro futuro. È il frutto di un’azione sinergica di diversi Enti pubblici, di persone che si sono anche scontrate aspramente come in un piccolo condominio, ma se ne sono prese cura. La cura è l’altra parola che mi viene in mente. I luoghi e le persone necessitano di “cura”, ovvero attenzione e riguardo, e Bova li ha avuti. Le persone sono innamorate del posto che vivono e chi è venuto da fuori non ha tentato di cambiare lo spazio ma di porre attenzione e cura ridando alla luce ciò che gli abitanti non vedevano più, le bellezze naturalistiche e culturali. Un aspetto che mi ha colpito è stata la preparazione collettiva delle “Persefoni”, la rappresentazione della Dea, una struttura in canna intrecciata con foglie di ulivo che viene portata in processione la domenica delle palme. La sera che siamo arrivati la comunità era raccolta nello spazio cultura e lavorava alla preparazione di questo simbolo del passato ed erano fianco a fianco giovani e anziani, sindaco e cittadini. Spesso ci sono conflitti, ma si è percepito che lavorare insieme genera il potere di resistere e costruire futuro. Forse anche la lezione appresa dal Villaggio Universitario Pilota, potrebbe essere una esperienza valida da replicare in tutte le aree marginali.
Veronica: Credo che una delle lezioni principali che si possono trarre da questa narrazione di riscatto sia l’importanza di riuscire a catalizzare finanziamenti di diversa natura che perseguano e siano funzionali al raggiungimento di una visione politica o di sviluppo condivisa. Il Comune di Bova negli anni è riuscito ad attrarre risorse locali e sovralocali che hanno operato sinergicamente per riqualificare e rendere vivibile un borgo destinato altrimenti a un lento processo di inarrestabile decadenza e abbandono, sorte comune a molti paesi dell’’entroterra calabrese. Un altro elemento rilevante, a mio parere, è stata la presenza, anche solo temporanea, di uno sguardo esterno, forestiero, che ha rappresentato di fatto un mezzo per innescare empowerment locale e nuova consapevolezza del valore insito nella propria comunità. Questi due elementi, da un lato presenza di una visione strategica come guida delle azioni di policy e degli interventi sul territorio, e dall’altro il contatto con sguardi esterni al proprio contesto che permettono l’acquisizione di nuove competenze e una ridefinizione delle potenzialità locali, emergono e trovano conferma peraltro, in altri casi studio alla cui analisi ho collaborato recentemente in contesti anche molto diversi da questo.
Giuseppe: Mi pare che l’esperienza di Bova rafforzi l’idea che sono fondamentali politiche pubbliche finalizzate ad accompagnare e sostenere la capacità dei contesti locali di sviluppare e consolidare una visione di cambiamento, per esempio favorendo collaborazioni entro la comunità e con soggetti sovra locali. Combinata con capacità amministrativa e progettuale, una visione ben strutturata e condivisa è indispensabile perché, dinanzi alla disponibilità di risorse pubbliche, un’amministrazione locale non si limiti a produrre un’agenda caotica di progetti in linea con i requisiti richiesti per accedere ai finanziamenti ma costruisca un piano di progetti coerenti e finalizzati al rilancio, capace di fare leva in maniera integrata sulle eterogenee risorse sovralocali disponibili.
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