Al termine di un comunicato stampa pubblicato sul Messaggero il 25 marzo del 1944 si leggeva: “Quest’ordine è già stato eseguito”. Frase breve, concisa, il cui fulcro è costituito da quell’avverbio di tempo, quel già che amplifica, intensifica, rafforza l’azione espressa dal verbo. L’ordine riguardava l’eccidio nazi-fascista delle Fosse Ardeatine, avvenuto il giorno prima. A meno di 24 ore dall’attentato di Via Rasella, in cui alcuni partigiani dei GAP, tra cui Rosario Bentivegna e Carla Capponi, avevano compiuto un’azione contro un reparto delle truppe di occupazione tedesche, senza neanche dare il tempo e la possibilità ai responsabili di costituirsi, si organizzò la rappresaglia.
Le SS guidate da Kappler prelevarono dalle carceri di Regina Cœli e di Via Tasso 335 cittadini italiani, civili, militari, ebrei, prigionieri politici, di ogni condizione sociale, dai 14 ai 72 anni. Trasportati alle cave di tufo, situate lungo la via Ardeatina, i prigionieri, con le mani legate, furono sterminati, uno a uno con un colpo alla nuca, in una mattanza feroce protrattasi per ore; quando la carneficina si concluse le volte della galleria furono fatte esplodere con la dinamite. Si occultò così una delle più efferate stragi compiute dai nazi-fascisti, nel tentativo di cancellare le prove dell’accaduto. L’orrendo crimine, però, fu scoperto dopo la liberazione di Roma e alle salme riesumate si ridiede un’identità e l’onore della memoria. Da quell’infausto giorno sono trascorsi esattamente 80 anni: è il momento delle celebrazioni, delle commemorazioni, delle dichiarazioni.
Giorgia Meloni ha affermato: “Oggi l’Italia onora e rende omaggio alla memoria delle 335 vittime dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, terribile massacro perpetrato dalle truppe di occupazione naziste come rappresaglia dell’attacco partigiano di via Rasella”. Tale affermazione, a dispetto della verità storica, omette la responsabilità fascista, avvalorando la bella fabella degli “Italiani, brava gente”, rei solo di una infelice alleanza con gli efferati Tedeschi.
Ai nostalgici, che nel ventennio hanno ravvisato una novella età dell’oro, è d’uopo rammentare le parole di Piero Calamandrei: “Il ventennio fascista non fu, come oggi qualche sciagurato immemore figura di credere, un ventennio di ordine e di grandezza nazionale: fu un ventennio di sconcio illegalismo, di umiliazione, di corrosione morale, di soffocazione quotidiana, di sorda e sotterranea disgregazione morale”.
La Resistenza accolse e raccolse gli spiriti più belli e indomiti, che combatterono in nome della libertà e dei diritti, degli ideali più nobili ed elevati. Sempre Calamandrei disse: “La Resistenza aveva lasciato al mondo una speranza: più che una speranza, un impegno. Chi l’ha tradito? Perché l’abbiamo tradito?”.
Abbiamo l’obbligo morale di fornire una risposta a questa domanda.
Nella foto di copertina il Partigiano Rosario Bentivegna con l’attuale Presidente dell’ANPI Gianfranco Pagliarulo, il Direttore di Europa Domani Luca Branda e la Dirigente scolastica Rosita Paradiso in una iniziativa presso un Liceo di Cosenza