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Eni, la licenza israeliana, il gas e il mare di Gaza

Tre settimane dopo l’attacco a Gaza il governo israeliano ha annunciato la concessione per lo sfruttamento del gas nell’area marittima della striscia di Gaza.
Stamani guardando il termosifone, mi sono chiesta quante guerre è costato il mio farmi sentire calda e al sicuro.
La licenza per la concessione di sfruttamento del gas è stata data dal governo israeliano all’italiana Eni Spa, alla società inglese Dana Petroleum Limited, alla israeliana Ratio Petroleum e altri tre enti.
L’Eni Spa è controllata di fatto dal nostro governo, più specificatamente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, in forza della partecipazione detenuta sia direttamente sia attraverso Cassa Depositi e Prestiti SpA (CDP SpA).

Ma «Le licenze concesse da Israele per l’esplorazione nelle acque antistanti Gaza alla ricerca di gas sono illegittime» ha dichiarato lo studio legale Foley Hoag LLP, con sede a Boston.
Lo studio legale, che rappresenta i gruppi palestinesi per i diritti umani Adalah, Al Mezan, Al-Haq e PCHR, ha mandato alle compagnie petrolifere coinvolte una diffida “a desistere dall’intraprendere qualsiasi attività nelle aree della Zona G che ricadono nelle aree marittime dello Stato di Palestina”.
Inoltre nella notifica legale presentata dalle organizzazioni palestinesi si specifica che utilizzando la concessione israeliana, Eni Spa e le altre società potrebbero rendersi complici in crimini di guerra, compiendo di fatto azioni “di saccheggio” delle risorse naturali appartenenti ai Territori palestinesi occupati da Israele.

“Le offerte, emesse in conformità con il diritto interno israeliano, equivalgono effettivamente all’annessione de facto e de jure delle aree marittime palestinesi rivendicate dalla Palestina, in quanto cercano di sostituire le norme applicabili del diritto internazionale applicando invece la legge interna israeliana all’area, nel contesto della gestione e dello sfruttamento delle risorse naturali. Ai sensi del diritto internazionale applicabile, a Israele è vietato sfruttare le risorse finite non rinnovabili del territorio occupato, a scopo di lucro commerciale e a beneficio della potenza occupante, secondo le regole di usufrutto, di cui all’articolo 55 del Regolamento dell’Aia. Invece, Israele come autorità amministrativa di fatto nel territorio occupato non può esaurire le risorse naturali per scopi commerciali che non sono a beneficio della popolazione occupata”.
In risposta a questi reclami il governo israeliano non riconoscendo lo stato della Palestina, non riconosce il suo diritto legale sulle zone marittime.

Foto di hosny salah da Pixabay