Larvam argenteam sic aptatam, ut articuli eius vertebraeque laxatae in omnem partem flecterentur
-uno scheletro d’argento, costruito così che le sue giunture e vertebre snodate potessero piegarsi da ogni parte.-
Nel romanzo Satyricon, capolavoro di Gaio Petronio Arbitro, il padrone di casa Trimalcione, durante un sontuoso banchetto, fa gettare sul tavolo piccoli scheletri in argento.
Questi scheletri erano chiamati larva convivialis e fungevano da monito alla brevità e caducità della vita.
Per me, il termine larva definisce un insetto nella prima fase della sua esistenza. Ma per i latini larva voleva dire maschera, fantasma, spirito, scheletro.
Ancora Ugo Foscolo nei Sepolcri chiamava “larve guerriere” i fantasmi dei valorosi caduti che, di notte, si aggirano sui campi di battaglia.
Il navigante
che veleggiò quel mar sotto l’Eubea,
vedea per l’ampia oscurità scintille
balenar d’elmi e di cozzanti brandi,
fumar le pire igneo vapor, corrusche
d’armi ferree vedea larve guerriere
cercar la pugna
Avremmo bisogno anche noi di una larva convivialis che ci rammenti la nostra effimera presenza e che forse ci potrebbe rendere più generosi verso gli altri.
E’ difficile ma importante essere consapevoli della propria mortalità.
La morte un tempo faceva parte del quotidiano e ancora nella maggior parte del mondo ne fa parte, spesso purtroppo in maniera cruenta.
Oggi da noi non si parla della morte.
Andiamo a funerali di amici e parenti, leggiamo le cronache nere, ma non ne parliamo tra noi. La morte è un soggetto tabù, nelle conversazioni non rende, non è politicamente corretta.
Ne abbiamo talmente paura e il pensare a lei disturba talmente tanto la nostra aitante quotidianità che l’abbiamo rimossa dai pensieri di ogni giorno.
Quindi corriamo per non farci catturare dal sonno eterno, corriamo portandoci appresso le cose, “la roba” direbbe Giovanni Verga. Ma la vita fa il suo corso, arriva la vecchiaia e non siamo preparati alla nostra dipartita.
Siamo una società immortale che guarda stupita la morte quando arriva.
Allora gettiamo anche noi una larva convivialis sul tavolo e sorridiamo alla vita.
Gaio Petronio Arbitro, Satyricon, I sec dc
Ugo Foscolo, Dei sepolcri, 1806
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