Ho voluto prendere a prestito le parole di un Pontefice per definire ciò che sta accadendo in Palestina. La banalità di un male, generato dalla violenza, è diventata una presenza ineluttabile con la quale conviviamo, oziosi, indifferenti, talvolta addirittura cinti da noia patrizia. La guerra che si combatte in quella scheggia di terra non è un conflitto mondiale, ma è impossibile continuare a far finta di niente mentre migliaia di bambini, donne, uomini e anziani muoiono senza neppure conoscerne il motivo. Qualcuno ha avuto il coraggio di dire che la morte, durante una guerra, è un effetto collaterale, un danno di cui non è possibile fare a meno; ma la vita di un essere umano conta meno dei milioni di dollari spesi ed incassati dalla compravendita di armi? La risposta appare banalmente scontata, ma non lo è; perché si continua ad uccidere in nome del potere, del profitto, degli interessi (di pochi). Al di là delle motivazioni geopolitiche, economiche e religiose ciò che dovrebbe muovere la coscienza internazionale a fermare il massacro è la questione del senso, dell’opportunità etica. Un conflitto di tale dimensione conviene solo a chi ne trae profitto; non conviene, invece, a chi ne paga il prezzo in termini di dignità umana. La guerra a Gaza, come quella in Ucraina, è diventata lo spazio del disonore di un popolo la cui dignità è stata immolata sull’altare della vendetta. Ci chiediamo se sia giusto che bambini innocenti debbano contare con terrore e disincanto i giorni in cui potranno ancora vedere i raggi di un sole opacizzato dalle bombe, respirare l’aria mista a sabbia, sentire il canto delle donne spezzato dal rumore sordido delle mitragliatrici. Gaza è una terra sacra come Gerusalemme, eppure di sacro sembra non ci sia rimasto più nulla. Dov’è Dio? Dov’è Allah? Perché non intervengono? Perché lasciano che innocenti vengano trucidati? Dio, Allah, sono esattamente negli occhi dei vinti, degli oppressi, nei volti sfigurati di bambini sacrificati barbaramente. Forse la risposta potrà sembrarvi fin troppo banale e scontata, ma Dio è nelle maglie di quelle esistenze umiliate, sfregiate, nelle città sbreccate dalle cannonate, nel grido muto di chi non ha più voce. Dio non si vendica, a differenza degli uomini; Dio tace! Dio vede, ode, parla con quel silenzio di fronte al quale i capi delle nazioni dovrebbero inchinare il capo. E invece il capo di tanti non si è abbassato, tutt’altro. I capi delle nazioni stanno erigendo la notte. Stanno trascinando il mondo in quel momento di tempo in cui sonno e cecità e spine trafiggono il piede nudo degli operatori di pace. La pace è il rispetto della coscienza di ogni uomo, la guerra, al contrario, solo un’inutile strage.
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