“La ragione per cui continuo questo lavoro è che credo che esiste una responsabilità morale dell’agire, anche se non sono sicura che questo creerà un cambiamento” dice Sahar Vardi l’attivista israeliana anti-occupazione.
Democrazia, tolleranza, giustizia sociale questi sono gli obiettivi di Shatil, un centro di empowerment e formazione del New Israel Fund di cui Sahar Vardi fa parte.
Shatil è quindi un’organizzazione israeliana che si batte per promuovere un cambiamento sociale. Il punto fondamentale loro lavoro parte dal tentativo di preservare la sicurezza della vita quotidiana dei palestinesi nei territori occupati mettendo in atto una strategia nota come “presenza protettiva”.
I suoi attivisti si espongono in prima linea accompagnando i bambini palestinesi nelle loro scuole o i pastori mentre pascolano gli animali, così da proteggerli dalla violenza dei coloni.
Ma in seguito agli attacchi di Hamas del 7 ottobre, Israele ha iniziato la sua guerra a Gaza – che molti interpretano come una guerra totale contro i palestinesi – il potere di questa forma di attivismo è sembrato scemare mentre i coloni e i soldati israeliani operano nella quasi totale impunità. Per la prima volta vengono arrestati anche i non palestinesi.
Sahar Vardi ha affermato che “il livello di rischio nel fare presenza protettiva è in aumento, e l’efficacia della presenza protettiva sta diminuendo”. Ora, l’unico modo per fare attivismo in sicurezza, è filmare le azioni dei soldati e dei coloni, così da avere almeno testimonianze dirette. “E ovviamente”, ha concluso Sahar, “è importante ricordare che ogni occupazione finisce. La domanda non è se, piuttosto quando.”