Una pièce nera, una grottesca danza macabra di una coppia mostruosa e comica. Debutta in prima nazionale dal 15 al 19 novembre, e apre la stagione 2023/2024 del Teatro Rifredi di Firenze, Occidente del francese Rémi De Vos.
Presentato al Teatro di Rifredi tre anni fa come lettura scenica, diventa adesso spettacolo in prima nazionale dal 15 al 19 novembre il paradossale testo di De Vos Occidente, che vede come protagonisti Ciro Masella, già interprete al Rifredi dell’altro testo di De Vos, Alpenstock, e Leonarda Saffi, una delle tre attrici di Misericordia di Emma Dante. La traduzione del testo e la regia sono di Angelo Savelli. Le video scenografie sono di Giuseppe Ragazzini, le musiche di Federico Ciompi, i costumi di Serena Sarti, le luci di Henry Banzi. Una produzione Teatro della Toscana.
In scena un uomo e una donna annientati dalla mancanza di desiderio, sullo sfondo di una società multirazziale, razzista ed edonista, narcotizzata dalla televisione. Tradotto e rappresentate in quindici Paesi, De Vos è considerato uno dei più interessanti autori della nuova drammaturgia europea: è uno dei rari drammaturghi a essersi interessato, con pertinenza ed esperienza diretta, al mondo del lavoro, del precariato, della disoccupazione e, con spietato cinismo, a quelli della xenofobia e della crisi della cosiddetta famiglia tradizionale.
Intervista ad Angelo Savelli che ha curato la traduzione e la regia di Occidente
Si ricorda quando ha conosciuto per la prima volta Rémi De Vos leggendolo? E si ricorda cosa
ha pensato, cosa l’ha più colpita della sua scrittura e di questo scrittore?
Non ho conosciuto Rémi De Vos leggendolo, bensì vedendo alcuni suoi testi messi in scena in
Francia, soprattutto ad Avignone, nel cui festival estivo è presenza quasi costante da molti anni.
Infatti, sono numerose le compagnie francesi che lo rappresentano sia a Parigi che su tutto il
territorio nazionale, ritenendolo uno dei loro più interessanti drammaturghi contemporanei. Per
fortuna quasi tutti i suoi testi sono stati pubblicati e così ho potuto leggerne molti. Sono rimasto
colpito dal suo modo originale e radicale di scrivere e quindi l’ho contattato chiedendogli
l’autorizzazione a tradurli, pubblicarli e metterli in scena. Cosa mi ha colpito nella sua
drammaturgia? Questo carattere grottesco della sua scrittura e delle sue storie, questo cinismo che
sfiora l’assurdo e il paradossale ma che è profondamente ancorato agli umori e alle problematiche
della contemporaneità. Si ride nero. La risata e la smorfia convivono. Si prendono a schiaffi ridendo.
Quando ho deciso di scommettere su questo autore ho pensato: ma il pubblico capirà? A quanto
pare, ha capito.
Ha tradotto alcune delle opere di De Vos, perché ha scelto Occidente da portare in Teatro?
In realtà io ho già portato in scena tre sue opere. Prima di “Occidente” ho realizzato “Alpenstock”
un testo delirante sulla xenofobia che racconta l’intrusione di uno straniero balcano-carpato-
transilvano nell’asettica routine di una coppia finto-tirolese da cartolina; e poi “Tre rotture” dove si
rappresentano tre coppie che si separano: una per colpa di una cagna invadente, una per colpa
dell’innamoramento di lui per un pompiere e l’ultima per l’impossibilità dei due genitori di gestire
un piccolo figlio tiranno.
“Occidente” è forse la quintessenza di questa visione disarmante di una società, la nostra, quella occidentale, forse giunta al suo tramonto per l’incapacità di rigenerarsi e di provare empatia. Sulla scena sembra che non succeda nulla. Ci sono solo un uomo e una donna che si insultano ferocemente ma che continuano a restare insieme più che per un’occulta pulsione sado- masochista, per una totale mancanza di prospettive. Pur senza essere didattica e prestandosi spesso alla risata, la rappresentazione si fa metafora. Una metafora che inquieta.
Nelle note di regia scrive: “L’Occidente si riempie la bocca di eccessi sessuali ma non sa più fare all’amore”. Come possiamo uscire dal buio in cui l’umanità versa?
Pornografia al posto del sesso. Stupro al posto della seduzione. E poi, risse al posto del confronto,
ostracismo al posto dell’accoglienza, ostentazione al posto della discrezione, rancore al posto
dell’ammirazione, esaltazione dell’ignoranza, del turpiloquio e del cattivo gusto, e via discorrendo…
E in tutto questo un internet deregolato e una televisione berlusconizzata giocano un ruolo determinante, come, appunto, raccontiamo in “Occidente”. Se non arriva un’inversione di tendenza,
sono molto preoccupato per i miei nipotini. Io, nel mio piccolo, non posso che responsabilizzare me
stesso, sperando che anche altri lo facciano. Quanto alla classe politica… lasciamo perdere.
Ci introduce gli attori e le attrici che troveremo in scena?
Ciro Masella e Leonarda Saffi: una coppia perfetta per questo testo, che necessita di attori altamente
professionali affinché la sua intrinseca difficoltà recitativa ed interpretativa scompaia agli occhi
dello spettatore a favore di una fluidità, di un ritmo, di un piacere del gioco che seduca e lasci un
segno. Professionalità che in questo caso non può essere accademica ma innervata da una buona dose di follia e di trasgressione. Ho visto Leonarda negli splendidi “Sorelle Macaluso” e “Misericordia” di Emma Dante e ne ho subito apprezzato la passionalità, la grinta ma anche la padronanza di sé. Ciro lavora con me da diversi anni accompagnandomi in questo mio viaggio nella nuova drammaturgia internazionale e mettendomi a disposizione non solo le sue poliedriche e solide qualità di attore ma anche lo sguardo vigile e critico di un artista a 360 gradi.
Cosa significa per lei fare teatro oggi?
Il prossimo maggio festeggerò i miei cinquanta anni di teatro professionale, dal primo contratto con
la compagnia di Carlo Cecchi all’approdo al Teatro Nazionale. Un percorso esaltante composto di
più di 160 spettacoli, realizzati con compagni di viaggio straordinari e applauditi dal pubblico di 16
nazioni. La mia vita coincide con il Teatro e il Teatro è stata la mia maniera di esistere, di essere
cittadino di questo particolare periodo storico che mi è stato assegnato dal destino. Essere cittadino
significa non solo e non tanto occuparsi della propria poetica e della propria realizzazione
individuale, ma anche e soprattutto contribuire attraverso le forme del Teatro – arte collettiva per
eccellenza – al benessere e allo sviluppo culturale della società. Insomma – come dice l’Amleto
shakespeariano – “Lo scopo del teatro, ieri come oggi, è sempre stato ed è ancora quello di porgere
uno specchio al mondo, per aiutare ogni epoca a penetrare lo spirito, la forma e l’impronta del
proprio tempo, mostrando il volto virtuoso della verità