Storia, una parola così breve ma densa di significato, di contenuti, di pensieri. Un sostantivo che nei secoli ha costituito una bussola per l’uomo, ne ha accompagnato l’evoluzione senza mai abbandonarlo. È stato l’uomo però che molte volte ha ignorato le vicende antiche, convinto di poter vivere solo il presente, nel “hic et nunc”; quando ciò si è verificato, le ombre del passato sono ritornate prepotentemente ad abbattersi su di lui.
Lo storiografo greco Tucidide sosteneva che la storia é “possesso per sempre”, un’espressione adoperata per rimarcare l’ingente quantità di informazioni valide in ogni tempo e luogo, utili a far luce sul presente e sul passato.
Non meno importante è il carattere paradigmatico che emerge dalle vicende storiche, non soggette a strumentalizzazioni, bensì ad analisi e approfondimento.
Proprio quest’ultimo fine anima questa mia breve riflessione riguardo a un evento storico molto doloroso per il nostro Paese, per molto tempo colpevolmente obliterato.
Il 23 settembre del 1943, pochi giorni dopo l’Armistizio firmato dal generale Badoglio, inizia la tragica fine dei soldati della Divisione Acqui, schierati nell’Isola di Corfù e Cefalonia durante la Seconda Guerra mondiale.
All’indomani dell’8 settembre 1943, la divisione sopra menzionata rifiuta di cedere le armi ai tedeschi, sancendo l’inizio di una battaglia disperata. Le truppe tedesche, anch’esse presenti sulle isole, ricevono notevoli rinforzi dall’entroterra e soprattutto mezzi aerei per annientare i soldati italiani guidati dal generale Antonio Gandin.
Le testimonianze di quei fatidici giorni sono contraddittorie: qualcuno sostiene che, dopo l’annuncio della resa riportato dalle radio locali, alcuni di essi si fossero illusi di poter tornare a casa, riabbracciare le proprie famiglie, lasciarsi alle spalle quegli anni difficili. Illusione destinata a rimanere tale con il passare dei giorni.
Il 13 settembre diverse batterie posizionate in tre punti strategici dell’isola aprono il fuoco su due grossi pontoni da sbarco carichi di tedeschi.
Il comandante tedesco Barge risponde con un ultimatum, promettendo il rimpatrio degli italiani una volta arresi. L’orgoglio italiano é forte, l’amore per la Patria grande. Gandin chiede allora ai suoi uomini di pronunciarsi su tre alternative: alleanza con i tedeschi, cessione delle armi, resistenza. Tramite un improvvisato referendum i soldati scelgono all’unanimità di resistere. L’Italia era viva, non si piegava alle richieste tedesche.
La resistenza italiana si scontra però con lo sdegno di Hitler, profondamente adirato dalla decisione. Pertanto i tedeschi non fanno prigionieri. Vengono massacrati ufficiali e soldati.
L’eccidio di Cefalonia merita di essere studiato, non certo in modo rapido e superficiale, ma con un’attenzione particolare perché “si dimostrò che la Patria non era morta. Anzi, con quella decisione, fu riaffermata l’esistenza. Su queste fondamenta risorse l’Italia”.
Con queste parole, il presidente emerito della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi ha ricordato la Divisione Acqui e il proprio impegno nella eroica resistenza militare antitedesca.
Un sentimento di profonda stima e affetto mi lega a questa vicenda storica incarnato dal ricordo di un congiunto, sottotenente di uno dei reparti ivi operanti, tragicamente scomparso il 21 settembre 1943 e che mi pregio di ricordare in questa occasione. La memoria storica impone una riflessione profonda riguardante i valori tramandatici da quei soldati, non giacenti nella fredda terra ma certamente vivi e presenti.
Da Cefalonia è partito un messaggio per la nostra generazione: il senso del dovere è il valore più nobile che deve animare la nostra vita quotidiana e il ruolo che ciascuno di noi svolge nella società.
I nostri connazionali caduti hanno sacrificato se stessi per coerenza con gli ideali che hanno abbracciato quando hanno indossato la divisa e per rispettare l’impegno assunto nei confronti del popolo italiano. Nell’ora più buia hanno mostrato fedeltà alla Patria e hanno sacrificato la propria vita in suo nome. La resistenza e la guerra di liberazione sono iniziate qui, nella vicina terra greca. La nostra democrazia e la successiva Costituzione affondano le proprie radici in quel grandioso sacrificio. Ecco perché conoscere l’Eccidio di Cefalonia significa scoprire le nostre origini e capire il fondamento della nostra libertà.
Immagine di copertina di Quirinale.it
Il Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano durante il suo discorso tenuto a Cefalonia il 25 aprile 2007