E poi nemmeno l’ordine hanno saputo darci. Di ordini ne è arrivato un fottio, ma uno diverso dall’altro, o contrario. Resistere ai tedeschi – non sparate sui tedeschi – non lasciarsi disarmare dai tedeschi – uccidete i tedeschi – autodisarmarsi – non cedere le armi. Le parole di Beppe Fenoglio, tratte da Primavera di bellezza, esprimono mirabilmente la situazione di sbando e il senso di smarrimento in cui precipita l’impreparato esercito italiano quando, ottanta anni fa, l8 settembre 1943, viene diramato l’armistizio, firmato dal governo Badoglio cinque giorni prima a Cassibile, con il quale l’Italia si arrende incondizionatamente alle potenze alleate.
Temendo un’avanzata delle truppe tedesche, divenute, all’improvviso, nemiche Vittorio Emanuele III e il Generale Badoglio fuggono precipitosamente da Roma, alla volta di Brindisi. L’esercito italiano allo sbaraglio: molti soldati sono catturati e internati nei campi tedeschi, altri militari vanno a costituire il movimento partigiano, all’interno del quale confluiscono ideologie molteplici e variegate (comunisti, liberali, repubblicani, monarchici, socialisti, anarchici), che daranno vita alla Resistenza e porteranno l’Italia alla liberazione dal dominio nazi-fascista.
Un revisionismo superficiale e di parte tenta, da anni, di ridimensionare l’importanza e sminuire il valore della lotta partigiana, artefice della Resistenza; affermazioni allarmanti, anche perché, talvolta, pronunciate dalle più alte cariche dello Stato, aggressioni squadriste e violenze indiscriminate riconducibili ad associazioni di estrema destra, dichiarazioni e gesti nostalgici del Ventennio sono l’inconfutabile sintomo del fatto che l’Italia non sia mai riuscita a fare i conti con la propria storia e prendere le distanze dal Fascismo.
La presidente Meloni ha dichiarato che La Destra italiana ha consegnato il Fascismo alla storia ormai da decenni, ma tali parole più che suonare come una condanna del Fascismo sembrano quasi celebrarne la portata. L’Italia è una repubblica che si fonda sui valori della democrazia, che riconosce i diritti del singolo, che garantisce l’uguaglianza di tutti di fronte alla legge, che non discrimina in base al sesso, alla religione, alle idee politiche, che tutela le minoranze, che accoglie lo straniero perseguitato nella sua terra di origine, che assicura la libertà di pensiero e di espressione, che decreta lìinviolabilità della libertà personale. Questi principi, sanciti dalla nostra Costituzione, sono incontrovertibilmente antifascisti, nella forma e nella sostanza.
Questi valori si sono affermati grazie alla lotta, al sacrificio, al sangue, alla morte di donne e uomini che hanno combattuto senza esitazione in nome del bene comune e che, attraverso la fiera e strenua Resistenza, hanno affrancato il nostro paese dal regime totalitario.
L’antifascismo non può considerarsi un capitolo chiuso, urge il consolidamento di una coscienza e di una conoscenza, che può avvalersi anche dell’opera di un artista colto e sensibile come Max Collini, che nel suo Storie di antifascismo senza retorica ricorda che il Fascismo dal secondo dopoguerra a oggi ha influenzato, a vario titolo: Golpe Borghese, Gladio, Piazza Fontana, Piazza della Loggia, strage di Bologna, Nar, Ordine Nuovo, Rapido 904, Piazza della Loggia, P2, assalto alla sede romana della CGIL.
Collini racconta episodi e avvenimenti abbastanza marginali e sconosciuti del Novecento, vicende di personaggi che difficilmente sono ospitati sui libri di storia, ma che alla storia hanno dato un contributo fondamentale, come il partigiano Sertorio. In prima linea nel CLN, catturato il 30 novembre del 1944, bastonato a sangue, ustionato su tutto il corpo con un ferro da stiro rovente, torturato in modo atroce per più giorni affinché sveli i nomi dei suoi compagni. Approfittando di una momentanea distrazione dei suoi aguzzini tenta la fuga scagliandosi dalla finestra di una latrina; si frattura una gamba, è catturato nuovamente, sottoposto ancora a sevizie inenarrabili; gli si lascia incancrenire la gamba.
Il 28 febbraio è stato fucilato e il suo cranio fracassato. Sul suo corpo, prima della sepoltura trovano un biglietto indirizzato ai genitori: Cari genitori, vado a morire, la mano non mi trema, non pensate a me, uccidono me, ma non l’idea. Evviva la libertà.
Foto copertina sito ANPI