E’ stata approvata dal Parlamento Europeo, lo scorso 12 luglio, una nuova legge, la prima vera normativa sul ripristino della natura e degli habitat, che punta alla riqualificazione degli ambienti naturali, non solo delle aree protette, ma anche di tutti gli ecosistemi, compresi i terreni agricoli e le aree urbane.
Questa normativa si inserisce nella più ampia e complessa attività strategica, l’European Green Deal, il piano UE del 2019, da 1000 miliardi e zero emissioni entro il 2050.
L’antefatto giuridico della Nature Restoration Law risale al 2020, anno in cui è stata firmata la “Strategia europea per la biodiversità per il 2030”: un piano ambizioso per proteggere la biodiversità e abolire il degrado degli ambienti naturali. Con questa strategia, l’Unione Europea mira a ripristinare entro il 2030 almeno il 20 per cento delle superfici terrestri e marine dell’Unione, il 15 per cento dei fiumi nella loro lunghezza e la realizzazione, sempre entro la stessa data, di elementi paesaggistici ad alta biodiversità su almeno il 10 per cento della superficie agricola utilizzata. Il raggiungimento di questo obiettivo è una tappa fondamentale per arrivare alla conservazione a lungo termine dei processi ecosistemici e alla conservazione della biodiversità.
Osservando le forze che le istituzioni dell’UE, Parlamento, Commissione e Consiglio Europeo stanno dispiegando, sia in termini economici diretti, circa 1000 mld di fondi, sia in termini legislativi, possiamo essere fiduciosi per il futuro. La lenta macchina europea ha finalmente posto l’ambiente e la sua salvaguardia(Green Deal) al centro del dibattito, rigenerando una ‘nuova’ cultura (non solo normativa) a favore della tutela dello stesso.
La distruzione, il degrado, la frammentazione degli ecosistemi sono le principali cause della perdita di biodiversità; la scomparsa dei diversi habitat naturali dipende principalmente dall’azione spesso scellerata e poco lungimirante dell’uomo.
La legge sul ripristino della natura mira dunque a importanti obiettivi, quali il ripristino degli ecosistemi, gli habitat e le specie nelle zone terrestri e marine dell’UE, il recupero a lungo termine delle biodiversità, ma anche rispettare gli impegni internazionali (Kyoto, COP 21).
Le sfide ambientali poste in essere dai governi, non solo dell’ Unione Europea, sono assai ambiziose e non è scontato, nonostante l’emergenza ambientale, che vengano vinte.
Il ripristino degli ecosistemi intesi, secondo la definizione dell’ecologo Geoge Tansley, come l’idea di un tutt’uno tra organismi e ambiente, è parte essenziale di questo processo.
Rispetto al passato assistiamo a una profonda e progressiva accelerazione del processo di degrado della biodiversità, processo favorito da diversi fattori a livello economico, ma anche dalla costante e intensiva urbanizzazione.
Occorre, pertanto, operare sulla cultura di base dei comportamenti a favore dell’ambiente da parte dei cittadini facendo emergere una maggiore e più responsabile consapevolezza.
Inoltre, è necessario favorire un costante dibattito su tutte le problematiche riguardanti l’ambiente inteso quale grande organismo interconnesso.
Si attende un cambio paradigmatico, da consumatori dell’ambiente a riparatori. Recuperare gli ecosistemi, in definitiva, mira a un duplice obiettivo, ristabilire un equilibrio ambientale e porre un argine ai cambiamenti climatici in atto.