Abbiamo sempre apprezzato lo stile, la signorilità, la statura morale e il senso dello Stato di Giorgio Napolitano. Un uomo che ha guidato l’Italia negli anni più difficili per il nostro Paese caduto in una profonda crisi economica.
Sarà la storia a consegnarci un giudizio complessivo riguardo al “modus operandi” del Presidente emerito nell’esercizio delle sue funzioni presidenziali. Non possiamo però negare di aver perso un protagonista indiscutibile della vita politica e istituzionale del nostro Paese.
Nato a Napoli il 29 giugno 1925, Napolitano si laurea in giurisprudenza nel dicembre 1947 presso l’Università di Napoli con una tesi in economia politica. Durante l’esperienza universitaria inizia a mostrare la sua indole politica, aderendo dapprima ad un gruppo di giovani antifascisti e, in seguito, al Partito Comunista Italiano di cui è stato militante e poi dirigente fino alla costituzione del Partito Democratico della Sinistra. Quando qualcuno gli domandava la ragione della sua adesione al partito sopra menzionato, egli rispondeva che “il Pci era il partito che aveva più combattuto il fascismo e si mescolava meglio di ogni altro al popolo.”.
Nel 1953 viene eletto per la prima volta deputato e svolge la sua attività parlamentare principalmente nella commissione Bilancio, Affari Esteri e Mezzogiorno. Degni di menzione sono i suoi interventi in Aula durante i dibattiti parlamentari in merito ai problemi del Mezzogiorno e sui temi della politica economica nazionale. Durante il suo funerale laico a Montecitorio, è Anna Finocchiaro a tracciare un breve excursus sull’attività parlamentare di Napolitano: “a partire dagli anni ’70 si rafforza l’impegno in materia di politica estera, che lo rende interlocutore dei maggiori protagonisti della scena politica internazionale. Pochi ricordano poi che, sempre, farà riferimento alla questione politica del ruolo e della condizione delle donne italiane.”
Lui amava intensamente l’approfondimento e il confronto tra le varie forze politiche volto alla ricerca della migliore soluzione ai problemi della collettività. L’autorevolezza dell’istituzione parlamentare era direttamente collegata alla qualità della rappresentanza.
Il vertice del cursus honorum della carriera politica viene raggiunto il 10 maggio 2006 quando è eletto presidente della Repubblica con 543 voti.
Durante gli anni del Quirinale, come ci si poteva aspettare, ricoprì la posizione più adeguata alla sua personalità. Il primo mandato non fu “una passeggiata di salute”, riprendendo le parole della moglie Clio. Il primo ostacolo da superare fu la crisi del governo Prodi, dimessosi dopo il voto contrario del Senato alla relazione sulla politica estera del governo. Napolitano è cauto, evita scelte affrettate che possano nuocere al Paese. Da attento conoscitore dei meccanismi della politica, rimanda il “Professore” alle Camere dalle quali ottiene la fiducia.
A distanza di qualche anno un secondo pericolo irrompe sull’Italia, trascinandola in una profonda crisi finanziaria costata “lacrime e sangue”. È proprio in questo periodo che nell’opinione pubblica italiana inizia a circolare una parola fino a quel momento estranea, portatrice di cattivi pensieri e notti insonni nelle menti di tanti politici, economisti ed esperti chiamati a risollevare l’Italia dal baratro: lo Spread.
Il Colle prende atto del deterioramento della situazione economica italiana. Viene affidato l’incarico di formare un governo al professor Monti, una personalità cui l’Italia deve molto per aver restituito credibilità internazionale al nostro Paese oltre che stabilità economica.
Nel 2013 Napolitano termina il suo primo settennato, sollevato e fiducioso di aver servito con disciplina e onore questa Nazione.
Il senso di responsabilità che aveva caratterizzato tutte le scelte del Presidente purtroppo non trovava corrispondenza nelle aule parlamentari, dove i partiti politici si avvitano nel groviglio delle scelte del futuro inquilino del Quirinale. Diventa così il primo presidente nella storia della Repubblica ad essere rieletto.
Alle pressioni di talune forze politiche Napolitano risponde con garbo istituzionale, limpidezza e determinazione, delineando le condizioni entro le quali ha accettato il secondo mandato. Ho più volte ascoltato quel discorso perentorio tenuto dinanzi al Parlamento in occasione del secondo giuramento. In quei minuti sono condensati i valori del suo manifesto politico-presidenziale: un Presidente che controlla, corregge, richiama all’ordine.
Un passaggio particolare mi lasciò attonito: “Non mi sono sottratto a questa prova ma sapendo che quanto accaduto qui nei giorni scorsi ha rappresentato il punto di arrivo di una serie di omissioni e di guasti, di omissioni e irresponsabilità”.
L’appello del Capo dello Stato è accolto dai partiti politici che in poco tempo trovano un accordo per la nascita del governo Letta prima e del governo Renzi poi.
La fine del semestre italiano di presidenza dell’Unione Europea segna anche la conclusione anticipata del mandato presidenziale. Una vita politica intensa, vissuta con rigore e spirito di servizio verso le Istituzioni.
Napolitano è stato un vero garante della Costituzione, rispettandola in ogni punto e in ogni circostanza. Sul Colle più alto ha esercitato il suo ruolo con terzietà, senza mai essere un uomo di parte. Era la sua immensa cultura che lo rendeva diverso dagli altri, interessante e capace di toccare il cuore di tanti italiani che attendono una politica che torni a riscoprire i suoi veri valori.
Anche con alcuni errori, intrinsecamente connessi alla sfera umana, il Presidente Napolitano ha speso la sua vita per l’Italia, e “ad essa appartiene la sua memoria”.
Siamo certi che, se da una parte la sua morte segna la fine di un’epoca, dall’altra il suo impegno e la sua visione diventeranno punto di riferimento per le generazioni future.
Grazie per aver servito la nostra Repubblica, Presidente!
Foto from Quirinale.it