Politica

Il ddl Calderoli in discussione in Parlamento: stato dell’arte e opzioni

Dai primi di giugno 2023, quella che avevamo chiamato nel precedente contributo su questa testata la nuova “Questione meridionale” (citando Gramsci il “calabro-sardo più famoso”) si è nettamente complicata in relazione alle vicende, parlamentari ed extraparlamentari, relative alla autonomia differenziata/asimmetrica.

In primo luogo, il testo del cd. “ddl-Calderoli” risulta essere ‘bombardato’, a inizio luglio, da alcune centinaia (557 indica la stampa nazionale) di emendamenti in sede di Commissione Affari Costituzionali, di cui non pochi derivanti dal Gruppo di FDI (23 emendamenti), con lo stesso Gruppo misto che ne ha presentato 99, mentre il gruppo Azione-IV un pari numero di FDI (22). I due gruppi maggiori dell’ opposizione hanno presentato, al momento, 204 emendamenti il gruppo più combattivo e meridionalista (M5S), e 189 emendamenti il gruppo più legato agli amministratori e ai consiglieri regionali e locali (PD).
Le opzioni di contrasto al testo del Governo (o meglio le ‘alternative’, in senso politico) sono in Parlamento contenute in due testi diversamente “anti-Calderoli”: quello del PD (cd. ddl costituzionale “Giorgis-Boccia e altri”) e quello di iniziativa popolare del CDC (cd. “LIP Villone e altri”), entrambi depositati, e avviati alla calendarizzazione dei lavori, ai primi di giugno (con la LIP che gode di un vantaggio procedurale in Senato a suo favore rispetto al ddl di iniziativa parlamentare, per come dispone l’art. 74 del Regolamento sulle LIP).

Costituzionalmente, i due testi di revisione costituzionale degli articoli 116 e 117 (del Titolo V della Costituzione) non sono cumulabili facilmente, né sovrapponibili, essendo il secondo più esteso negli effetti e più ‘radicale’ del primo.
Quello del gruppo Pd, infatti, non punta a fissare immediatamente dei fattori di blocco del rischio “secessione dei ricchi”, ma rinvia a una futura legge costituzionale con cui “sono stabiliti i presupposti, le modalità, i limiti e i termini del procedimento con cui la legge dello Stato, approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti (…) può attribuire tali ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”, e con cui “sono stabiliti i presupposti, le modalità, i limiti e i termini con cui la legge dello Stato, approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sentiti la regione interessata e gli enti locali, può revocare le ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia precedentemente attribuite”.

In pratica, il testo Giorgis, introduce la revoca dell’Intesa e vuole irrigidire il procedimento al momento non regolato se non dal ddl-Calderoli che è formalmente legge ordinaria sempre modificabile nel tempo da pari legge ordinaria.
Il testo della LIP “Villone e altri”, invece è più articolato e più produttivo di effetti nell’immediato (rispetto al rischio di eventuali “secessioni dei ricchi”), in quanto autorizza il Parlamento ad applicare la clausola normativa di “supremazia statale” (non solo amministrativa come al momento esiste ex art. 120 Cost.) e consente il controllo popolare nella veste di referendum abrogativo della legge ordinaria di ratifica dell’Intesa Stato-Regione (già approvata con le garanzie di quorum indicato e rafforzato).
Ma oltre questi contenuti di valore molto tecnico (e dunque di non facile comprensione) che costituiscono limiti e condizioni istituzionali a contrasto del progetto Calderoli, il Governo Meloni, ai primi di luglio, ha avuto un ulteriore “colpo agli stinchi” in quanto dalla Commissione LEP, presieduta da Sabino Cassese, si sono platealmente dimessi alcuni autorevoli membri.

I proff. Amato, Bassanini, Gallo e altri, si sono dimessi avanzando, sulla stampa, un’argomentata polemica che indica, con grande chiarezza, il rischio di illegittimità costituzionale delle scelte operate – al momento – dal Ministro Calderoli (delegato agli Affari regionali e Locali, ma al momento non concentrato per nulla sui Comuni e altri enti locali) e apparentemente avallate dalla Commissione Cassese (nata come “Commissione dei 62” che ora pare ridotta a 55 membri, alcuni dubbiosi e silenti).
Riuscirà il Ministro Calderoli, notoriamente astuto e dinamico nella manovra istituzionale e parlamentare, a portare avanti il suo progetto di supporto alle regioni ricche avanzato nelle istituzioni del Paese fin dal suo primo insediamento al Ministero a fine ottobre 2022 (allora fece anche una road-map della sua azione)?

La manovra parlamentare, nelle condizioni date di svolgimento degli affari di Governo, non sembra facilissima per Calderoli, in verità.
Le ‘partite’ della Giustizia, del PNRR, dell’assetto europeo e europeo-partitico (da ultimo, la strategia votata a Bruxells sul “restore nature”), l’inflazione in crescita, e alcune partite secondarie (di immagine), rendono sempre più difficile la manovra parlamentare e la capacità di tenuta della maggioranza di governo in relazione al processo di “secessione dei ricchi” in un Paese che, sempre di più, si sta dis-gregando, spopolando, invecchiando e de-gradando ambientalmente (l’episodio di maggio scorso della esondazione fluviale in Romagna, e la vicenda commissariale connessa, sono il simbolo, probabilmente, della situazione).

Immagine di copertina: Quirinale.it