Nelle settimane scorse siamo rimasti scossi dalle immagini, drammatiche, sulle condizioni del popolo Yanomami pubblicate su alcune testate giornalistiche e televisive. Immagini che hanno mostrato, crudelmente, l’emergenza umanitaria che vive la più grande riserva indigena del Brasile: persone malate e malnutrite, ridotte pelle e ossa, bambini che muoiono di fame o a causa della malaria e di altre malattie.
“Quello che ho visto a Roraima – la terra in piena foresta amazzonica dove si trova la riserva degli Yonomami – è stato un genocidio, un crimine premeditato contro gli Yanomami” ha affermato Luiz Inacio Lula da Silva, Presidente del Brasile, visitando, insieme a Sônia Guajajara, Ministra degli Affari indigeni, un centro sanitario temporaneo a Boa Vista, nello Stato amazzonico settentrionale di Roraima. Il riferimento chiaro è alle politiche del suo predecessore Jair Bolsonaro, accusato addirittura di “genocidio” dallo stesso Presidente Lula che trovandosi di fronte quella situazione di sofferenza del territorio di Roraima, ha manifestato la sua indignazione e il suo sconcerto.
I dati del report del Ministero dei Popoli indigeni del Brasile indicano che sono circa 570 i bambini yanomami morti durante il mandato presidenziale di Bolsonaro, su una popolazione totale di 28.000 Yanomami che vivono in quella riserva. Non è un mistero che, durante la presidenza di Bolsonaro, le politiche messe in atto hanno portato a costanti sottrazioni delle risorse destinate alle popolazioni indigene e, allo stesso tempo, alla devastazione “permessa” da parte dello stesso Bolsonaro, di importanti tratti di foresta pluviale attraverso l’estrazione mineraria illegale. D’altronde le idee di Bolsonaro in merito ai territori di foresta pluviale erano chiaramente rivolte al loro saccheggio e al loro indiscriminato sfruttamento, in quanto considerati ricchi di risorse “appetibili” e, per altro, territori troppo grandi per l’esiguo numero di indigeni che lì vivono.
Un saccheggio sistematico avvenuto nei fatti attraverso l’asportazione di legname, quindi il disboscamento, e l’estrazione di risorse minerarie da parte, principalmente, dei cosiddetti “garimpeiros”, i cercatori d’oro armati che hanno occupato illegalmente quel territorio. Questi hanno devastato intere zone di foresta pluviale, attraverso l’abbattimento di alberi primari, e hanno compromesso vasti tratti di corsi d’acqua e di suolo per creare strade, piste, accampamenti illegali, con conseguenti e drammatiche ricadute anche sulla salvaguardia della salute e della vita dei popoli indigeni residenti, come gli Yanomami, che si sono visti importare all’interno dei loro villaggi malattie – tra cui il covid19 – e anche violenze, stupri e droga. A conferma, il report del Ministero dei Popoli indigeni del Brasile ha indicato che nel 2022 circa 100 bambini tra 1 e 4 anni, appartenenti al popolo degli Yanomami, sono morti “a causa dell’avanzata dell’attività mineraria illegale” in quella regione.
E se il Presidente Lula non è rimasto indifferente rispetto a tale emergenza, affermando che si impegneranno a trattare gli indigeni “come esseri umani, dando loro la dignità che meritano, in termini di salute, istruzione, cibo e il diritto di andare e venire”, non è rimasta indifferente neanche la comunità internazionale. In Italia, ad esempio, il Deputato Fabio Porta, eletto in Sud America e membro della Commissione esteri della Camera dei Deputati, è stato il primo firmatario – assieme ai colleghi Amendola, Boldrini e Quartapelle – dell’interrogazione indirizzata al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e al Ministro delle imprese e del made in Italy, con la quale i firmatari hanno chiesto di “attivarsi sul piano diplomatico affinché vengano implementati gli accordi internazionali in vigore per assicurare la sostenibilità e la tutela delle popolazioni indigene e venga aiutato il popolo Yanomami ad uscire dall’emergenza”.
Dal canto suo, il Governo italiano, che ha risposto all’interrogazione attraverso Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale Maria Tripodi, ha affermato che “l’azione del Governo italiano nei diversi contesti internazionali è da sempre orientata alla tutela e alla promozione dei diritti delle categorie più vulnerabili, incluse le minoranze nazionali, etniche, linguistiche e religiose”, ribadendo che l’Italia aderisce alla Dichiarazione sui diritti dei popoli indigeni e che “nell’azione di contrasto alle conseguenze prodotte dal cambiamento climatico e dal degrado ambientale sul godimento dei diritti umani, l’Italia ha sostenuto e votato a favore della risoluzione dell’Assemblea generale del luglio 2022 che ha riconosciuto, per la prima volta, il diritto ad un ambiente sano, sicuro e sostenibile delle popolazioni più vulnerabili, comprese quelle indigene.”
L’On. Fabio Porta, raggiunto telefonicamente, ha dichiarato che le “sofferenze del popolo Yanomami scuotono le coscienze di ognuno di noi e non possono lasciarci indifferenti, soprattutto quando sembra che lo sfruttamento illegale delle loro risorse interessi anche le importazioni italiane di materiali preziosi. Per evitare che il prodotto dello sfruttamento illegale dei territori appartenenti ai popoli indigeni arrivi anche in Italia, arricchendo i predatori, abbiamo richiesto che venga rafforzata la rete di controllo sulla filiera dei prodotti provenienti dall’estero, in maniera che siano chiare ed evidenti le certificazioni richieste sul piano internazionale, per assicurare un Made in Italy che rispetti l’eticità dell’origine dei prodotti secondo norme internazionali universalmente acclarate”.
Attraverso – anche – la valorizzazione dell’accordo del 28 giugno 2019 tra l’Unione europea e il Marcato comune dell’America del sud (Mercosur i cui membri permanenti sono Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay) e, soprattutto, nel rispetto della Dichiarazione sui diritti dei popoli indigeni. A partire dai diritti e dalla salvaguardia della sopravvivenza del popolo Yanomami,il cui nome tradotto significa “noi siamo persone”.
Foto di copertina da Pixabay