L’insegnamento privato è stato quello dell’amore. L’amore verso la famiglia, l’amore grandissimo che ha unito mio padre e mia madre e che è stato un esempio a cui aspirare, di rispetto gli uni per gli altri.
Per il Presidente Mattarella il Generale Carlo Alberto dalla Chiesa è stato “un eroe del nostro tempo”, per tutti un gigante della coscienza antimafia del nostro paese. Con garbo e dolcezza ma animata da una determinata e lucida passione civile, la figlia Simona, racconta di suo padre e di un’eredità così grande a studenti e cittadini. L’occasione per incontrarla e farle qualche domanda è stata a Diamante, in provincia di Cosenza, dove al Generale è stato dedicato una grande murales che campeggia sul lungomare cittadino, realizzato dall’artista Agostino Cirimele. ”In quest’opera – ha detto Simona dalla Chiesa – c’è l’immagine di mio padre che amo di più, perché unisce l’autorevolezza della sua divisa con la dolcezza del suo sorriso, e lui sembra dirci ‘dai forza ce la facciamo, il mondo è vostro!’”. Ad accoglierla il sindaco Ernesto Magorno, tutta la città e gli studenti dell’Istituto Comprensivo e l’I.I.S.S, le scuole dove Simona dalla Chiesa non si è sottratta alle domande e ha portato la sua testimonianza.
È una responsabilità non facile, quella di raccontare suo padre, il Generale Carlo Albero dalla Chiesa. Lei come la affronta?
Non penso nemmeno lontanamente di poter avere un’eredità rispetto al suo impegno, rispetto a quella che è stata la sua vita e la sua professione. Io porto dentro di me un orgoglio immenso nei suoi confronti da figlia e da cittadina italiana. Nel mio piccolo cerco di fare in modo che la sua memoria non venga annebbiata dal tempo. Quando parlo agli studenti di eventi come quelli degli anni che hanno riguardato mio padre, possono sembrare a loro lontani, da consegnare alla storia e di cui leggere distrattamente o ascoltare in tv quando c’è qualche anniversario. Invece è storia viva, perché intanto, purtroppo, per quello che riguarda la mafia, ‘ndrangheta, camorra e sacra corona unita, è storia attuale. Sono cambiate le dinamiche, sono cambiati i referenti politici, ma le storie di sopraffazione, di corruzione, di sottosviluppo che comportano, quelle sono rimaste tutte e quindi parlare di persone come mio padre, parlare di quei tempi, significa capire quello che avviene oggi. Anche quando parliamo del terrorismo, parliamo di un attentato storico alla democrazia, del terrorismo di destra e sinistra e con una quantità sterminata di morti. Una ferita al corpo sociale dell’Italia. Non è qualcosa che è finito, possono essere finiti quei movimenti, ma il problema principale è la difesa della democrazia che non possiamo delegare a nessuno e per la quale dobbiamo combattere quotidianamente per tenercela bella stretta.
Il pubblico e il privato del Generale dalla Chiesa, lei lo racconta agli studenti e lo ha fatto in un libro “Dalla Chiesa un papà con gli alamari”, immagino non sia stato facile.
Per me era difficile entrare negli aspetti più privati e più umani di papà e della mia famiglia, ma ritenevo che fosse importante che questa sua immagine così ufficiale, in qualche modo così rigida, burbera del grande Generale, del Prefetto, venisse arricchita e addolcita da tutto quello che era invece il suo vissuto, anche per mettere in evidenza come in mio padre il pubblico e il privato fossero assolutamente congiunti. Non aveva due morali, due modi di comportarsi, due modi di concepire la vita. Aveva un unico modo di essere ed era appunto quello che io ho definito nel titolo “il papà con gli alamari”, e quindi l’aspetto umano del papà e l’aspetto pubblico degli alamari, ma in lui erano un’unica cosa. E anche per noi questo è stato un esempio totalizzante. Non ci si spoglia dei propri principi dei propri valori togliendosi la giacca di una divisa, ma si portano avanti giorno per giorno, per dare un messaggio di legalità, di responsabilità, chiedendo a ognuno di noi di fare la propria parte.
“Gli uomini passano, le istituzioni restano”, è una frase di suo padre che ama ripetere e che testimonia il fatto che, come lei racconta agli studenti, lui praticasse fino in fondo la democrazia e il rispetto delle istituzioni, anche qualora non fossero ben rappresentate, e dei valori della Costituzione nata dalla Resistenza e dalla lotta al Nazifascismo. Questo lo straordinario insegnamento civile di suo padre. Qual è invece quello più privato che ha lasciato a lei e ai suoi fratelli.
L’insegnamento privato è stato quello dell’amore. L’amore verso la famiglia, l’amore grandissimo che ha unito mio padre e mia madre e che è stato un esempio a cui aspirare, di rispetto gli uni per gli altri. L’amore nei confronti del prossimo. Mio padre aveva un atteggiamento profondamente cristiano, ma non è necessariamente solo cristiano, di grande solidarietà nei confronti delle persone più deboli e anche nei confronti di quelle che sbagliavano. Lui diceva sempre: anche il peggior criminale ha comunque dentro di sé lo spirito dell’umanità, bisogna solo andare a cercarlo e tirarglielo fuori. Questi sono messaggi che sono anche difficili da applicare, perché mettono in discussione quelli che sono anche i nostri istinti, ma la cosa strana è che non me li ha mai insegnati, né me li ha mai detti, li ha praticati. E quando tu cresci con un esempio coerente di papà e mamma che danno sempre quel modello, alla fine quel modello diventa l’insegnamento più bello, al di là delle parole con cui vorresti spiegarlo, perché non ce l’hanno mai detto, lo hanno fatto e credo che questo sia più importante.