Cultura

Milano ricorda don Lisander

di Tiziana Rabbito

22 maggio 1873. Muore a Milano Alessandro Manzoni. Il giorno del suo funerale sono presenti le più alte cariche dello Stato, tra cui il futuro Umberto I e le rappresentanze di Camera e Senato.  “Gli uomini erano tutti nelle vie, e metà Milano, a non esagerare, volle seguire il feretro al Cimitero” scrisse Felice Venosta.

22 maggio 2023. Sono trascorsi 150 anni e Milano è di nuovo affollata per ricordare il suo don Lisander e, anche oggi, le alte cariche dello Stato gli hanno reso omaggio. Il Presidente della Repubblica Mattarella ha onorato la tomba del poeta e ha tenuto un discorso nella casa di via Morone. “Un padre della nostra Patria”, “propulsore dell’Unità d’Italia” ha detto Mattarella, ponendo l’accento sull’impegno civile di Manzoni, fautore di un’Italia che superasse le divisioni territoriali e culturali parlando di uguaglianza tra i popoli.

Diverse le iniziative organizzate per l’occasione, una delle quali legata al romanzo storico a cui Manzoni dedicò venti anni, alla ricerca di una lingua che parlasse a tutti, colti e non. Dal 9 maggio, infatti, nel Duomo di Milano alcuni attori eseguono la lettura dei Promessi sposi e riportano il pubblico nell’atmosfera della Milano “caotica” ai tempi  

Tutti noi, studenti di ieri e di oggi, abbiamo un ricordo personale della lettura dell’opera di Manzoni, spesso viziato dagli obblighi scolastici.

Ma se, fuor di retorica, ci avvicinassimo ai suoi scritti per scelta, dovremmo partire sicuramente dal Manzoni uomo. Scopriremmo che la sua vita è stata funestata da diversi lutti; che dopo la morte della moglie Enrichetta Blondel il suo dolore era tale che non riuscì a terminare l’ode in suo onore, Il Natale del 1833; che aveva intrecciato due tronchi ancora giovani di robinia per simboleggiare il profondo legame con la prima moglie; che la seconda moglie, Teresa Borri Stampa, per cogliere il poeta nella sua quotidianità, commissionò al pittore Hayez il ritratto del marito in posa con la sua cara tabacchiera. Capiremmo molto dello scrittore. Leggeremmo i Promessi sposi e immagineremmo Manzoni che, schivo per natura, osserva le persone del popolo e le eleva a personaggi in cui immedesimarsi. Per lui sono sufficienti pochi tratti di penna per produrre nel lettore immagini di un tempo, far compiere connessioni con il nostro presente, dialogare con il testo: come non vedere nella moglie di Tonio, donna “tutt’altro che muta”, il simbolo del pettegolezzo di paese; come non chiedersi chi avrebbe avuto il coraggio di reagire ai bravi nei panni di don Abbondio; come non stare al fianco di fra Cristoforo quando pronuncia il suo “verrà un giorno…”; come non sentirsi emigrati smarriti come Lucia che dice addio ai suoi monti; come non partecipare alla notte insonne dell’Innominato verso la conversione.

Sono passati 150 anni dalla sua morte e Manzoni parla ancora a ciascuno di noi e con il suo sorriso benevolo ci dice: “Così va spesso il mondo… voglio dire, così andava nel secolo decimo settimo.”