Nell’epoca in cui l’informazione predominante è quella veicolata dai social network, dove la comunicazione diventa via via più breve e sintetica – short se volessimo uniformarci al linguaggio moderno – nasce Europa Domani, un periodico online che ha l’ambizione di entrare, in punta di piedi – seppur a pieno titolo – nel variegato mondo del giornalismo. Un periodico di informazione e approfondimenti, che tratterà principalmente temi di politica, economia, cultura, società, sport e attualità. Un giornale senza una collocazione politica, ma con una forte e convinta sensibilità europeista. Attento, vale a dire, alla grande prospettiva dell’Europa e ai valori e principi fondamentali che ad essa sono legati. Penso al grande tema della pace nel mondo, oggi più attuale che mai e “localizzato”, maggiormente, nel cuore dell’Europa con il conflitto armato tra la Russia, che invade, e l’Ucraina, che resiste. Una guerra incessante che rischia, via via, di allargarsi e di trasformarsi in un conflitto mondiale, con costanti minacce nucleari che, se da un lato non possono essere sottovalutate, nota la brutalità di chi – ormai da oltre un anno – sta seminando morte e distruzione, dall’altro non possono giustificare tentennamenti o ripiegamenti rispetto al sostegno all’Ucraina. La minaccia e l’arroganza non possono togliere alla Russia l’etichetta infame di Paese responsabile di questo conflitto. Eppure, ancora oggi, sembra non essere chiara a tutti la netta distinzione tra chi è l’aggressore e chi è l’aggredito, violentato nei propri confini nazionali. Perché se, proprio in questi giorni, il Consiglio europeo ribadisce, con fermezza, la condanna nei confronti della Russia, confermando il suo indiscusso sostegno all’Ucraina e al suo popolo, in Italia il dibattito politico testimonia, sulla questione, una chiara divisione nella maggioranza di Governo, tra chi è allineato alle posizioni dell’Unione europea e chi, invece, pensa che non si debbano inviare munizioni e armi, come missili a lungo raggio, che sono invece necessari per la resistenza dell’Ucraina.
L’Unione europea, inoltre, riveste un ruolo fondamentale di duplice valenza, perché allo stesso tempo può – e deve – essere punto di riferimento nella ricerca di una possibile via di uscita da questo conflitto, non a caso il Presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha avanzato la richiesta ai 27 leader degli Stati membri, di organizzare “un summit” proprio in una capitale europea.
L’Europa, quindi, come luogo deputato al confronto, alla discussione e alla risoluzione non solo della guerra, ma – in generale – delle grandi questioni che tormentano il nostro tempo e minacciano il nostro futuro. Seppur con i tanti limiti e le diverse contraddizioni, dovute principalmente ai ritardi e alle assenze che spesso si incontrano su molte tematiche e che si traducono, inevitabilmente in veri e propri vuoti.
Un esempio tra tutti la piaga dell’immigrazione, sulla quale troppo c’è ancora da fare. Vuoti che generano tragedie e morti, come le tante di cui siamo testimonianza diretta, ultimo il naufragio lungo la costa calabrese a Steccato di Cutro dove sono morte circa 80 persone, tra cui donne e bambini. Le politiche di accoglienza dell’Europa continuano a dimostrare, come è noto, da un lato l’assenza di una efficace strategia unitaria nell’affrontare l’emergenza profughi che, sovente, viene demandata agli egoismi dei singoli Stati interessati dal loro arrivo e, dall’altro, le insufficienti politiche di asilo e accoglienza che non sono capaci di coniugare, strategicamente, l’arrivo di migranti con l’integrazione umana e – perché no? – anche lavorativa. Banalmente, il profugo che – anche se sbarca clandestinamente, come avviene nella stragrande maggioranza dei casi – non diventa immigrato nell’accezione più negativa del termine, non viene considerato un intruso, una minaccia, un peso da respingere anche a costo di lasciarlo morire in mare, ma una risorsa umana da accogliere e far integrare.
L’Europa, insomma, “libera e unita” pensata e immaginata, nel 1941 sull’Isola di Ventotene dai padri costituenti, come quel luogo – reale e non solo ideale – di “potenziamento delle civiltà”. Ovvero quel luogo di speranza e di solidarietà, ma anche di salvaguardia e promozione della Democrazia e dei diritti fondamentali. Tra questi: il diritto alla salute, al lavoro, all’istruzione, alla giustizia e all’equità sociale, ma anche il diritto alla sicurezza, all’inclusione, e – perché no? – il diritto all’integrazione, che diventa dovere di accoglienza. E ancora il diritto (e il dovere) di preservare l’ambiente attraverso politiche di sostenibilità ambientale, che rispettino il “creato” e che contribuiscano nel lungo – ma anche nel breve – periodo a migliorare la qualità della vita di ogni persona. In estrema sintesi un’Europa ancora tutta da costruire.
David Sassoli, Presidente del Parlamento europeo, grande giornalista ed europeista, nel 2019 in un intervento commemorativo sull’eredità di Giorgio La Pira, ripreso in un video emozionante e commovente, divenuto virale dopo la sua prematura scomparsa, affermava che “quando saremo arrivati al termine della costruzione europea, perché siamo ancora dentro un cantiere e dobbiamo mandarlo avanti, dobbiamo scriverci un bel cartello “Lavori in corso”; quando alla fine la costruzione europea sarà terminata e tanti muri saranno crollati e tanto spirito nazionalista svanirà per far emergere quanto è bello sentirsi italiani, ma senza questo spirito nazionalista che ti fa essere separato e diverso e diviso dagli altri, cosa ci sarà alla fine? Ci sarà che l’Europa saranno le nostre città […]”. Ma le nostre città siamo anche noi, con i nostri limiti, le nostre incertezze, ma anche con la nostra audacia e determinazione di dare, in una dimensione infinitamente piccola rispetto alla grandezza dell’Europa, il nostro umile – ma convinto – contributo.
Europa Domani, in conclusione, vuole essere esattamente questo: il piccolo contributo di un gruppo di persone che “si cercano e si incontrano, cominciando a tessere la trama del futuro”.
Buona lettura a voi tutti…Buona scrittura a tutti noi!