L’Europa è il continente delle guerre. Abbiamo studiato sui libri di storia quante e continue guerre si sono svolte sul suolo europeo. Tra le città-stato greche, tra i romani e i barbari, tra le nazioni moderne. Soprattutto l’Europa è stata la culla delle due guerre mondiali: protagonisti ed eventi di quelle catastrofi sono stati, in primo luogo, europei. E ancora, le recenti atrocità nella ex Jugoslavia e, oggi, il conflitto in Ucraina stanno lì a ricordarcelo con accanimento. Il sogno di una Europa unita, allargata, pacifica rischia di rivelarsi solo un sogno. Da cui la Storia, con le sue dinamiche di potenza e crudeltà, provvede di volta in volta a risvegliarci.
Dopo la prima guerra mondiale, Robert Musil, romanziere noto per L’uomo senza qualità, scriveva un piccolo saggio su L’Europa smarrita. Lo smarrimento avvertito dallo scrittore era un tracollo spirituale: l’Europa aveva inseguito fantasmi (la nazione, la razza) e perso di vista la sua anima. Musil concludeva invitando a ricostruire “una visione d’insieme delle ragioni, delle connessioni, dei vincoli, dei significati mobili delle motivazioni e dei comportamenti umani – una interpretazione della vita”. Per affrontare le incertezze e le inquietudini del presente, noi europei dovremmo riflettere sulla nostra storia e sui nostri orizzonti futuri. Interrogarci su origini e destino di una nozione – “l’Europa” – assai sfaccettata. Trarne motivi di interpretazione della nostra vita.
La costruzione dell’Unione Europea è stata una grande impresa. Ma dall’introduzione dell’euro è stata vissuta e declinata come un’impresa soprattutto economica. I vincoli di bilancio, la politica monetaria, i mercati comunitari: la struttura ha segnato il destino dell’Unione Europea. Del resto, spesso avvertito come il destino di élite economiche. Persino le sinistre europee si sono allineate a questa struttura europea (come nel caso della cosiddetta “terza via” di Tony Blair e Gerhard Schroder). I rapporti geopolitici sono stati tradotti in termini meramente economici: oggi dobbiamo accorgerci, giocoforza, che la Russia è stata vista e trattata sempre ed esclusivamente come partner commerciale.
Questa prevalenza della dimensione economica non giustifica più il sogno europeo; non lo ha preservato dalla Storia e dalle sue immancabili e spesso atroci delusioni. Per lo storico Lucien Febvre, che aveva ben presente le dinamiche delle nazioni armate (tanto più che scriveva durante la seconda guerra mondiale), l’unica strada percorribile per definire l’Europa è “la collaborazione a una medesima opera di civiltà, la partecipazione a un medesimo ideale di cultura, a un medesimo ideale di vita, la collaborazione, la partecipazione di popolazioni assai diverse; le une mediterranee, le altre oceaniche, o nordiche, o orientali”. Il confronto continuo, e certamente difficoltoso, tra queste diversità è l’Europa. Non una omogeneità economica ma la valorizzazione delle diversità culturali vivifica e fortifica il progetto europeo. La sovrastruttura si rivela come unica via di fuga dal destino di guerra a cui l’Europa sembra, purtroppo, spesso votata.